Nella storia dell’Associazione Globus et Locus, il filo rosso che lega tutte le esperienze, le riflessioni e le progettualità, è il glocalismo. Anche se fino a pochi anni fa, la portata di questo fenomeno non era ancora ben evidente a tutti, il glocalismo è un dato empirico che non può essere messo in discussione.
Questo termine è stato introdotto dagli studi di sociologi come Roland Robertson e Zygmunt Bauman per indicare i fenomeni derivanti dall’impatto della globalizzazione sulle realtà locali e viceversa. Oggi, non esistono luoghi che non siano in misura crescente attraversati da flussi globali di varia natura, né flussi globali che non siano declinati secondo le molteplici particolarità dei luoghi.
La “glocalizzazione” è dunque una svolta epocale, determinata dal mutamento dei paradigmi organizzativi del mondo e della società, soprattutto per effetto dell’innovazione tecnologica, che ha profondamente cambiato il nostro modo di rapportarci ai concetti di tempo e di luogo. Oggi l’uomo sta sperimentando la scoperta dell’opportunità di vivere in un contesto dominato dalla mobilità, delle persone, delle cose e dei segni.
Nel passaggio da un mondo inter-nazionale a uno glocal, è stata proprio la nuova concezione della mobilità a modificare profondamente tutta una serie di parametri concettuali ai quali eravamo abituati, fra i quali l’idea di cittadinanza, di appartenenza, e di nazionalità (e dunque anche del concetto stesso di relazioni inter-nazionali).
Su questa trasformazione e sulle conseguenti nuove concettualizzazioni legate alla definizione di confine e di territorio, Globus et Locus ha sviluppato una profonda riflessione.
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