L'ultimo dei "triangle papers" della Commissione Trilaterale (che, storicamente, riunisce le classi dirigenti di Stati Uniti, Europa e Giappone), "The 'democracy deficit' in the global economy (a report to the Trilateral Commission: 57)", conferma l'importanza del dibattito, a livello globale, sul deficit democratico nelle comunità politiche inserite nel mondo globalizzato e nella comunità politica del mondo globalizzato nel suo insieme.
Nell'introduzione di Jospeh Nye, politologo di Harvard e uno degli elaboratori della politica USA durante l'amministrazione Clinton, innanzitutto si constata una delle caratteristiche attuali del processo di globalizzazione: "so we may be left by bad policy decisions with the end of the good types of globalization, with only some of the bad aspects of globalization".
Come confrontarsi, allora, con questi "bad aspects of globalization" e, soprattutto, come evitare le "bad policy decisions"? Nye propone la governance, un insieme di regole osservate a livello globale da istituzioni non necessariamente e non solo governative ma che trattano problematiche di impatto globale: "there are hundreds of organizations that deal with different issues. You might say that we have islands of governance in the international system". (...) The problem we face now is that the legitimacy of these organizations is being called into question". Nye, soffermandosi sulla necessitä dell'esistenza di una comunità politica definita (quella che si forma all'interno degli Stati.nazione) per l'effettiva prassi di una democrazia, sottolinea che "we should try as we construct international organizations to create ones that minimize the conflict with national democracy. If democracy occurs at the national level, we might to protect it as best as we can".
In sintesi, Nye propugna il seguente modello di "democrazia globale". La democrazia è possibile e funziona a livello nazionale nell'ambito di una comunità politica consolidata. Non tutti i membri del consesso internazionale, però, sono provvisti di istituzioni democratiche al loro interno. Le stesse istituzioni sovranazionali hanno purtroppo la tendenza a configurarsi come "club" esclusivi e rappresentanti alcuni e solo alcuni interessi. La soluzione a questa impasse? Continuare ad esperimentare con istituzioni nuove e maggiormente adatte alle sfide della globalizzazione, incluse le ONG responsabili e disposte a essere sottoposte a un processo di trasparenza concernente la loro membership e i loro finanziamenti. Per un discorso realistico sulla situazione attuale in cui versa il pianeta dal punto di vista del "bisogno di democrazia", è necessario tuttavia sottolineare, come ha fatto Bela Kadar, che il deficit di democrazia, per almeno l'ottanta per cento dell'umanità, non è il problema maggiormente sentito venendo ampiamente surclassato da questioni che concernono i deficit nelle performance economiche e di governo.
L'interessante discussione ci fa dire, un po' utopisticamente ma neanche troppo, che una delle soluzioni al deficit di democrazia nelle istituzioni globali e globalizzate e pure una soluzione alla poca considerazione del modello democratico in sé sia nella proposta di Ulrich Beck di creazione di partiti politici globali sovranazionali. In questo modo i "contenitori nazionali" dissimili sarebbero di fatto scavalcati e pure le istituzioni sovranazionali potrebbero configurarsi come autentici partiti politici sovranazionali. Conseguentemente, la maggior parte dei problemi della prassi democratica a livello globale non si porrebbero più.
Non ci sorprenderemmo poi troppo se uno dei primi popoli autenticamente transnazionali, quello italico, in rapida fase di consolidamento, sapesse esprimere proprio queste istanze transnazionali democratiche in grado di affrontare efficacemente (e democraticamente) le sfide del mondo globale in cui viviamo.