Makers. Il ritorno dei produttori

L’economia industriale tradizionale è stata frutto di quelle che, nel 1799, il diplomatico francese Louis Guillaume Otto definì per la prima volta “rivoluzioni industriali”. Ora per l’industria è iniziata una nuova era.

Makers. Il ritorno dei produttori, di Chris Anderson, Editore Rizzoli ETAS, 2013.

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E’ il momento della terza rivoluzione, della rivoluzione che permetterà a molti di dare sostanza alle proprie idee creative e capacità imprenditoriali. Questo innovativo processo viene svelato, in modo accattivante ed esaustivo, da Chris Anderson nella suo libro: “Makers – Il ritorno dei produttori”.

L’informatica definisce oggi un settore economico particolarmente florido (l’economia “dei bit”), tuttavia non si deve dimenticare che l’economia “degli atomi” è grande almeno cinque volte di più. E la linea di confine tra le due è sempre più labile. Nel libro, Anderson mostra anzi chiaramente come l’economia “dei bit” e quella “degli atomi” si siano fuse in quello che viene chiamato “Movimento dei Makers”: traendo ispirazione anche dalle etichette discografiche indipendenti, questo Movimento, per certi versi squisitamente artigiano, si basa sulla proposta di offrire a chiunque l’opportunità di produrre e distribuire nuovi prodotti, sfruttando il web e le nuove tecnologie, attraverso le stampanti 3D.
 
In futuro (ma sta già accadendo) ogni “maker” potrà progettare il proprio prodotto – qualunque esso sia, dal vestito al DNA, all’auto da corsa – in formato digitale, inviare il progetto ad un laboratorio che lo realizzi (il “makerspace”), oppure produrlo personalmente a partire dalle singole componenti (come ha scelto di fare Anderson stesso). Si tratta dunque di fabbriche e artigiani digitali che consentiranno a chiunque di finanziare  e produrre oggetti a costi bassissimi (o addirittura gratis). Le creazioni dei makers sono prodotte in modo efficiente, ideate anche grazie agli stimoli e spunti costantemente condivisi in una community on-line e vendute via web; si tratta dunque di un fenomeno intrinsecamente glocal.
 
Poiché non possono godere dei vantaggi tipici delle tradizionali produzioni di massa (“economie di scala”), i makers si concentrano su una produzione che è naturalmente dedita ai piccoli lotti (altamente specializzata e personalizzata) . Tutto questo non solo non esclude ricavi rilevanti, ma porta ulteriori vantaggi. Le creazioni dei makers, infatti, essendo progettate nell’ambito di una community, non sono soggette alla tutela dei diritti d’autore, ma solo alla community; anche questo è un processo che alla lunga può solo rivelarsi produttivo, perché il prodotto, collocato all’interno di una dimensione di community aperta, è infinitamente migliorabile e competitivo.
 
Il fenomeno “makers” è dunque un fenomeno profondamente rivoluzionario e mostra come una produzione ramificata e non rigidamente centralizzata permetta di raggiungere tutti coloro che possano apportarvi contributi di rilievo, anche in termini di finanziamento (si pensi al fenomeno del “crowdfunding”).
 
In pieno spirito “maker”, Anderson conclude la sua opera con una breve guida per prendere parte a questa rivoluzione.
 
 
 
Recensione a cura di Marco Praturlon
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