Il saggio di Silvana Patriarca “Italianità - La costruzione del carattere nazionale” è destinato a far parlare di sé principalmente per due motivi: il solido impianto storico attraverso cui ricostruisce l’evoluzione del carattere comune degli italiani e il suo sguardo “esterno” alle vicende italiane, essendo la Patriarca insegnante di Storia europea contemporanea alla Fordham University di New York.
A noi pare che questo secondo punto faccia l’originalità dell’opera. “Il paradigma dell’eccezionalismo (negativo)” scrive Patriarca nelle Conclusioni “con forte enfasi antropologica che è parte integrante del discorso del carattere nazionale e che ha permeato il discorso politico in Italia […] si è tradotto in storie dello Stato e dell’identità nazionale che ne hanno messo in luce quasi esclusivamente i punti deboli e i fallimenti”. Un’evidente mancanza di unità, un certo lassismo nel senso civico, l’amoralità di stampo familistico, persino un palese disamore per la guerra e per “il potere delle armi” avrebbero condannato nei secoli gli italiani a un ruolo subalterno e, anche e soprattutto, a un’immagine subalterna di se stessi.
È da considerazioni di questo tipo che si evince che l’approccio analitico della Patriarca guarda l’italianità dall’esterno: “Il fatto stesso di enfatizzare un carattere distinto, anche se questo carattere è un repertorio di vizi, e un passato comune, anche se quel che si racconta è una storia di fallimenti, esclude necessariamente chi non è nato sul suolo della nazione e non discende da coloro che vi nacquero”. È il suolo, allora - quel suolo “maledetto” e così centrale per la storia europea, attraversato da armate di conquista e da interessi strategici - ad aver penalizzato gli italiani e l’Italia? Senz’altro, dato che uno sguardo contemporaneo di un’Italia che si va riformando nel mondo, un’Italia più che italiana, italica, permette di guardare con fiducia ben al di là dei mali di una nazione che non seppe o non poté farsi Stato. L’Italia italica, non più confinata nel “fatale Stivale”, potrà elevarsi al di sopra di se stessa e della sua autorappresentazione negativa e rinunciataria? Potrà riuscirci, certo, ma questo nuovo capitolo del carattere sopra-nazionale degli italici è un capitolo che gli italiani-italici nel mondo devono ancora scrivere. La Patriarca, ci pare di intuire, è fiduciosa che ciò possa avvenire.
Questo è anche l’auspicio di Globus et Locus, nella convinzione che un’italianità al di fuori e al di là dell’Italia, l’italicità, permetta al carattere delle genti italiche di esprimere quel potenziale valoriale, di gusto e di stile che ne fa un popolo in armonia con i modernissimi dettami di una vita condivisa globalmente.