Insieme – Rituali, piaceri, politiche della collaborazione

Richard Sennett

Feltrinelli Editore, Collana "Campi del Sapere", 2012

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Fin da John Donne, chiunque è conscio che l'essere umano sia una creatura sociale: "nessuno è un'isola", nessuno può vivere da solo.

"Insieme" di R. Sennett permette di approfondire questa conoscenza comune tramite un'attenta – e a tratti sorprendente – descrizione della collaborazione umana che trae ispirazione e forza comunicativa dalla fisica quanto dalla diplomazia alla pittura, dalla Riforma Protestante alla storia medievale fino alla "guanxi" cinese e alla vita delle api. Sebbene incostante, la collaborazione è indotta dalla "sociabilità" (Vergesellschaftung) di G. Simmel, cioè dalla profonda e convinta apertura verso l'altro per comprenderlo in chiave di uguaglianza.
Fenomeni sociali riconducibili alla collaborazione si possono rilevare nell'epoca di Platone e Aristotele, per poi passare alla Comune di Parigi del 1871 – formata dopo il crollo di Napoleone III –, al Tuskegee e all'Hampton Institute – in cui gli ex-schiavi potevano lavorare insieme e riacquisire dignità – e alle "settlement house" della fine '800, luoghi di istruzione, conforto e svago; così giungendo alle porte dell'era contemporanea con "Google Wave".

In quest'ultimo arco di tempo – l'attuale –, Sennett afferma come la naturale tendenza dell'essere umano a collaborare con altri si sia sempre più affievolita; questo si può imputare alla disuguaglianza, da cui sorge un distruttivo distacco classista che spinge l'individuo a colmarlo con il possesso – dinamica ben nota ai pubblicitari.
La crescente non-collaborazione si può ricondurre anche all'erosione dei fondamentali della vita di fabbrica – rispetto reciproci tra subalterni e superiori, vicendevole soluzione dei propri problemi e disinteressato sostegno vicendevole – in virtù di una frenetica percezione del tempo e della società di connotati finanziari (il "tempo senza tempo" di M. Castells); così le persone tendono sempre più a non riconoscere le responsabilità e l'autorità nonché ad isolarsi per sopportare l'ossessione di un ambiente così innaturale.
Infine la crisi della cooperazione si può ricondurre all'apatia verso i propri problemi ("sè non collaborativo") da cui deriva – in combinazione con l'isolamento – la tendenza al narcisismo e all'autocompiacimento, ulteriori elementi anti-cooperativi già noti ne "De la Démocratie en Amérique" di A. De Tocqueville.

Ma Sennett – come altri illustri autori – oltre che sottolineare il sussistere di questa innegabile erosione attitudinale, propone delle soluzioni. 
Ritiene innanzitutto che il fenomeno si possa arrestare e rimuovere, così da "riparare" la nostra società, come un artigiano fa con uno strumento danneggiato – strumento utile in passato e potenzialmente ancor più utile una volta riparato. Secondo Sennett, questa riparazione può avvenire tramite la valorizzazione dei rituali utili per l'affermarsi della "diplomazia quotidiana". Questa particolare applicazione dell'arte diplomatica risulta composta dalla marginalizzazione degli impulsi ad imporsi sugli altri (l' "uso della forza minima") – rinnovando la propria sociabilità –, dalla collaborazione paritaria non-direttiva – che rinnova la consapevolezza e l'oggettiva comprensione dei problemi – e dall' equilibrio tra formalità situazionale e informalità operativa, raggiungibile solo con l'esaltazione della gestualità tipica del teatro di Lecoq e Dasté. La riparazione richiede anche la convinta ripresa del concetto di comunità e dei suoi elementi portanti – coerenza nelle difficoltà, saldi principi interiori e giusta collaborazione – nelle politiche sociali.

Recensione a cura di Marco Praturlon

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