Identity and Violence. The Illusion of Destiny

Amartya Sen, Norton 2006

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Amartya Sen è un pensatore razionalista. Lo conferma anche nel recentissimo volume "Identity and violence", da poco uscito negli Stati Uniti. Il sottotitolo del libro, "The illusion of destiny", chiarisce infatti la posizione di Sen sulla tematica dell'identità: è illusorio pensare che vi sia un destino immutabile nella nascita e nell'appartenenza a un gruppo etnico; avere un'identità non significa essere separati e incompatibili con altre identità e altri tipi di appartenenza.

Innanzitutto, l’autore sottolinea che l’identità non è un concetto di facile definizione e nessuno di noi può vantare un’identità unica. Sen sostiene che la violenza si sviluppa laddove si afferma un senso di inevitabilità nei confronti di un'identità, che spesso assume forme estreme e belligeranti e che si suppone che ciascuno di noi possieda.

Sen ci invita, allora, a scegliere fra il vivere un’identità esclusiva e illusoria (e violenta) e il riconoscere che le identità sono plurime e che l'importanza o la prevalenza di una di esse non annulla l'importanza delle altre. L’autore è infatti ben conscio dell’esistenza di complesse pluriappartenenze.

È su queste basi che Sen procede poi nell’analisi dello stato attuale dei conflitti causati da scontri fra identità escludenti e belligeranti e sulla possibilità di una loro risoluzione pacifica. Risoluzione che potrà essere trovata in un’identità globale che non incrini e non minacci le appartenenze parziali più immediate. La ragione cosmopolita batterà l’illusione identitaria? Le identità globali e cosmopolite vengono svuotate se la scelta tra l'appartenenza nazionale e quella globale diventa una scelta del tipo "o l'una o l'altra".

Ragionare sulle pluriappartenenze accogliendo l’implicita tolleranza e la ricchezza culturale che veicolano, costituisce per l'autore la conditio sine qua non di un mondo che si incontra, comunica ed è spinto a interagire da quel fenomeno onnicomprensivo che chiamiamo globalizzazione.

Naturalmente, le pluriappartenenze si affermano in un clima di reciprocità e in assenza di aggressive politiche culturali ed economiche, promuovendo rapporti autenticamente glocali. A un orizzonte globale corrisponde, allora, la ricchezza delle libere connessioni e appartenenze locali.

Come ultima annotazione, ci fa piacere constatare come alcune delle idee sviluppate nel libro abbiano preso spunto dal Seminario di Globus et Locus "Glocalisation, World governance and the Reform of the UN" di Torino (2004) che Sen cita nella prefazione tra i ringraziamenti (cfr. Pref. XX).

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