Nel 1897, con il romanzo fantascientifico The Invisible Man, lo scrittore britannico Herbert George Wells creò un personaggio destinato a rappresentare una fonte d’ispirazione per numerosi altri racconti. Il protagonista della storia, Griffin, è un soggetto colpito da esclusione sociale, che vive già ai margini di un sistema, dal quale decide ‘autonomamente’ di uscire attraverso l’invisibilità.
Ai giorni nostri, invece, esiste un altro tipo d’invisibilità, che non riguarda la fantascienza. È quella determinata da un processo, accentuatosi nelle ultime tre decadi all’interno dell’economia politica globale, che spinge ‘forzosamente’ lavoratori, piccole e medie imprese, e agricoltori al di là dei confini del sistema. Tale fenomeno è al centro di un recente volume di Saskia Sassen, Expulsions: Brutality and Complexity in the Global Economy. L’illustre sociologa ed economista, dopo aver dedicato nei decenni passati importanti lavori ai temi della globalizzazione e della città globale, affronta il problema delle crescenti «espulsioni» dal sistema socio-economico mondiale, determinate da un meccanismo di «smistamento selvaggio» che emargina e rende ‘invisibili’ (pertanto, non più presenti nelle analisi statistiche) persone, aziende e luoghi.
Attraverso una notevole mole di dati e case studies, Sassen non si ferma alla mera analisi quantitativa, ma intende offrire una nuova ‘concettualizzazione’ di questa trasformazione profonda e radicale del sistema globale al fine di averne una più profonda comprensione. L’autrice esplora in dettaglio il fenomeno delle «espulsioni» – un termine-concetto utile e promettente – in quattro distinti ambiti: la riduzione dello spazio economico, la nuova corsa alle terre d’Africa, la finanziarizzazione dell’esistenza, la distruzione ambientale.
Dopo aver individuato un decisivo cambiamento nelle logiche di accumulazione capitalistica a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, ossia il passaggio dal modello keynesiano al paradigma neo-liberista, Sassen osserva come le risposte banco-centriche alla crisi finanziaria mondiale abbiano aggravato la situazione, dal momento che sono andate a incidere sui sistemi di welfare, aumentando le disuguaglianze sociali. E ciò, ovviamente, non ha fatto altro che mettere ancora più in difficoltà la democrazia liberale, già in stato di serio ed evidente declino. Accanto alle riflessioni socio-economiche, anche le osservazioni sulle conseguenze geopolitiche e ambientali delle «espulsioni» risultano suggestive. L’incorporazione di territori e risorse naturali da parte di governi stranieri nelle aree meno sviluppate del pianeta, insieme alla devastazione della biosfera, rappresentano infatti cause potenziali di tensioni e violenze presenti e future.
Il quadro generale che emerge dalle pagine dell’opera non è certamente incoraggiante. Tuttavia, Sassen non cede al catastrofismo. Da un lato, invita gli Stati a re-orientare, con ancora maggiore attenzione, la propria agenda globale verso «ambiente, diritti umani, giustizia sociale e cambiamento climatico». Dall’altro, scorge per gli individui ‘espulsi’ dal «margine sistemico» del mondo globalizzato «nuovi spazi d’azione», che dal sottosuolo devono essere riportati in superficie: sono gli spazi utili per sviluppare «economie locali, nuove storie e nuovi modelli di appartenenza».
Recensione cura di Luca Gino Castellin, ricercatore presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.