Nel leggere libri, come questo di Ulrich Beck, che affrontano il tema dell’identità individuale, che in generale e in particolare riguarda ogni essere umano nel suo agire e pensare quotidianamente, spesso anche l’occhio più esperto e consapevole dello studioso può confondersi con il proprio vissuto, facendo venir meno il giusto distacco. Tuttavia le riflessioni di Beck appaiono come sempre lucide e in grado di aiutare riflessivamente il lettore nella disamina dei comportamenti degli individui nelle società occidentali contemporanee, e allo stesso tempo di farle proprie, di accostarle al proprio essere. Il libro pubblicato dieci anni fa in lingua tedesca e di recente pubblicato nell’edizione italiana, è comunque un lavoro attualissimo e questo rende ancor più merito all’autore.
Teorizzatore del concetto di società del rischio, Beck sostiene che oggi, nelle società occidentali, costruire riflessivamente una propria identità individuale è diventato un imperativo categorico. Lo stato nazionale ha nel corso del tempo abdicato alla sua funzione di welfare state, lasciando all’individuo l’obbligo e la responsabilità di decidere cosa fare della propria vita. L’individuo si è illuso che la più grande conquista che potesse raggiungere, quella per la sua libertà, fosse la migliore di tutte le condizioni possibili. Tuttavia non si è fatto i conti con la fatica, il crescente senso di smarrimento, le paure e le angosce che accompagnano il percorso, tanto che all’orizzonte appaiono “nostalgie per l’assoluto” (George Steiner). Le grandi certezze della vita e delle morte (credenza sull’aldilà, la famiglia, le ideologie politiche) sono via via divenute macerie sulle quali si è innalzato il nuovo individualismo, la cui biografia diviene un work in progress all'interno del quale le relazioni sociali sono sempre rapporti just in time, legati quindi alla contingenza e agli obiettivi – sia professionali che sentimentali - che il singolo si prefissa. “La socializzazione – scrive il sociologo tedesco – ormai è ancora possibile solo come autosocializzazione. L’individualismo, che procede dall’interno verso l’esterno ha soppiantato l’ autorità paterna e quella materna, o è subentrato al posto dei governanti, degli insegnanti, dei poliziotti e dei politici”
Quello che emerge chiaramente è un insieme di paradossi che configurano continuamente la realtà, la cosiddetta società degli individui. Proprio nel momento in cui l’individuo sembra assurgere a mito incontrastato alcune crepe si insinuano nel suo essere, tanto da apparire più fragile che mai. C’è chi crede che oggi la vera unica ideologia di cui si possa parlare e scrivere sia quella della paura: dello straniero, del vicino ma anche di noi stessi. Paura che plasma un futuro così indefinito tanto da pensare di vivere “giorno per giorno”.
Beck allora ci presenta questo individuo post-moderno sotto molti punti di vista. Già nel primo capitolo offre un panorama di quello che verrà approfondito successivamente, attraverso una indicazione di quindici tesi per cercare di definire cosa significhi costruire la propria vita. I capitoli successivi si muovono attorno a queste tesi, addentrandosi in vari altri argomenti, proprio con l’intenzione di suffragare gli spunti del primo capitolo. Beck quindi scrive di globalizzazione e conseguenze sull’individuo, su nuove povertà e ricchezze, su matrimoni e relazioni sentimentali, su emancipazione femminile e giovani, su educazione e formazione, su valori morali e morte.
Insomma, Beck ci offre un vademecum del nuovo essere umano nel quale prevale la sua difficoltà esistenziale, ma l’unica onerosa speranza è che con tutto ciò “il confronto quotidiano con l’insicurezza va inteso come un’opportunità”. Ma anche qui qualcuno riuscirà a cogliere le opportunità e qualcuno purtroppo no.
Recensione a cura di Riccardo Giumelli