Newsletter Globus et Locus n. 2, luglio 2011

Idee per il futuro della civiltà italica: la Altreitalie Summer Academy 150

Quale è stato il ruolo della civilizzazione italica nella storia del mondo e quali prospettive si aprono per la nostra civiltà? Se ne sta parlando in questi giorni a Torino, alla Summer Academy 150 del Centro Altreitalie, quest’anno ospitata nelle Officine Grandi Riparazioni di Torino, sede della Mostra “Fare gli italiani.  [continua…]

Glocalismo e nuove tecnologie: la telemedicina per uno sviluppo sostenibile e un business responsabile

Fra i progetti promossi nel mondo per utilizzare le nuove tecnologie quale strumento per produrre innovazione responsabile e sostenibile, un’iniziativa che riteniamo molto interessante per il suo approccio glocal è quella che sta sviluppando l’ospedale Henry Ford, di Detroit, insieme alla società scientifica  Winfocus, del prof. Luca Neri (www.winfocus.org)I due enti stanno lavorando insieme per promuovere uno sviluppo sostenibile nel campo dell’assistenza sanitaria nel mondo, attraverso l’uso di tecnologie innovative[continua…]

I prossimi appuntamenti

Segnaliamo gli incontri e le iniziative che offrono stimoli concreti sulle tematiche della glocalizzazione, promosse da Globus et Locus o da altri enti, in Italia e nel mondo.  [continua…]

La Recensione del mese “Non per profitto”, di Martha Nussbaum, Il Mulino, Bologna, 2011

L’interessante saggio (ma forse sarebbe più opportuno parlare di pamphlet) della filosofa statunitense Martha Nussbaumdocente di Law and Ethics all'Università di Chicago, tratta il tema, ritenuto centrale dall’autrice, dell’istruzione in relazione al mantenimento e allo sviluppo della democrazia nelle società contemporanee[continua…]

 

 

Idee per il futuro della civiltà italica: la Altreitalie Summer Academy 2011

Nell’anno della celebrazione dei 150 anni dell’Unità di Italia, la Summer Academy 2011 del Centro Altreitalie ha rappresentato un’occasione per riflettere sul significato della civilizzazione italica nel mondo, ma soprattutto per elaborare nuove proposte storico-politiche per il futuro della nostra cultura e della nostra identità.

Come vogliamo definire oggi la nostra presenza e che ruolo intendiamo assegnarle, nel mondo glocal in cui viviamo?

Di questo si è discusso durante la Summer Academy 150, grazie ai contributi di interlocutori - storici, antropologi, architetti, politologi, economisti e giornalisti - che, in un’ottica multidisciplinare, sono stati chiamati a elaborare una riflessione sul tema, ciascuno con un approccio diverso. Durante la prima giornata di lavoro, è stato fatto un concreto passo avanti per la costruzione di un network accademico italico, attraverso la firma di un accordo di partnership fra la University of Pennsylvania tramite il suo Center for Italian Studies del prof. Fabio Finotti e il Centro Altreitalie di Globus et Locus.

Nel suo intervento di apertura della giornata, Maddalena Tirabassi, Direttrice del Centro Altreitalie, ha posto come tema centrale l’esigenza di definizione identitaria della nostra civilizzazione e che oggi, alla luce dei nuovi fenomeni di mobilità diffusi nel mondo, si pone in modo ancora più evidente. Una riflessione ripresa anche da Piero Gastaldo, Segretario Generale della Compagnia di San Paolo, il quale ha evidenziato la necessità di cercare uno spazio post nazionale dove collocare il futuro dell'identità italiana, o, meglio, italica. Diaspore e nuove mobilità, processi di diffusione di saperi, nuovi stimoli culturali, sono infatti fattori responsabili del formarsi di logiche che si sottraggono alla collocazione in una dimensione statual nazionale e che richiedono invece un pensiero e una progettualità di tipo glocal.

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Maddalena Tirabassi, Direttrice Centro Altreitalie, e Piero Gastaldo della Compagnia di San Paolo

Nel corso della giornata del 12, un tema emerso con evidenza è stato l’importanza del ruolo della città nel mondo globale, quale spazio di relazionalità e nodo catalizzatore di flussi glocali. Ne ha parlato l’architetto ticinese Mario Botta, che ha sottolineato, attraverso la presentazione di alcuni dei suoi più significativi lavori nel mondo, come la ricerca identitaria sia connessa al bisogno di riconoscersi dentro un territorio e in luoghi emblematici, simbolici e metaforici, capaci di evocare i tratti distintivi dell’identità di una civiltà. Ciò vale particolarmente nel caso dell’italicità, dove la città è il luogo nel quale più che altrove si esprime la nostra esperienza identitaria (e in questo senso, centrale è il richiamo a Milano e non a caso Botta ha definito la “sua” Mendrisio periferia della glocal city milanese).

Della città hanno parlato anche i due antropologi Carlo Capello e Francesco Vietti che, nella mostra “Turin earth” (nome che richiama la rete, grazie a una metafora espositiva che si rifà a Google earth) hanno riflettuto sulla Torino dei migranti e di come le nuove città glocali possano trarre linfa vitale dai flussi migratori.

Il passaggio di paradigma fra passato e futuro, fra italianità e italicità, è stato analizzato da Walter Barberis, curatore della mostra “Fare gli italiani”, il quale ha approfondito gli aspetti che hanno portato all’unità nazionale. Sul futuro della nostra civiltà e su come possiamo passare dall’unità degli italiani all’unità degli italici è stato invece chiamato a dare un contributo Piero Bassetti, presidente di Globus et Locus. Bassetti, nel suo intervento, ha analizzato il tema politico dell’unità e quali forme potrà assumere nel contesto post-nazionale, caratterizzato da pluriappartenze e pervaso dalle nuove mobilità.

Se è lecito attribuire ai 250 milioni di persone che chiamiamo italici un’appartenenza condivisa, si è chiesto Giovanni Lanzone, presidente dell’associazione The Reinassance Link, forse per riscoprirne il senso dovremmo dar vita a una sorta di Secondo Rinascimento, che, con il richiamo al talento e vocazione cosmopolita potrebbe creare una dialettica tra globale e locale e superare la ormai anacronistica condizione statual nazionale dell'epoca moderna.

La prima giornata si è conclusa con l’intervento di Fabio Finotti, direttore del Center for Italian Studies della University of Pennsylvania e promotore del recente convegno “From the unity of italias to the Unity of italics” dello scorso aprile, che ha presentato una serie di testimonianze letterarie sulle mobilità dopo l’unità.

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Fabio Finotti, Piero Bassetti, Marco Demarie e Giovanni Lanzone

Diversi interventi hanno contribuito a fornire elementi di contestualizzazione storico culturale al dibattito, come quello di Antonio Giusa, di Ammer (www.ammer-fvg.org) che ha parlato delle ricerche storiche svolte dall’associazione sull’emigrazione friulana, di Luisa Passerini, che ha fatto un excursus sulle componenti dell’identità europea e post coloniale, e Marina Bertiglia, responsabile dell’area didattica del comitato Italia 150, che ha parlato dei diversi livelli di criticità nell’inserimento scolastico dei figli di immigrati e delle iniziative promosse per favorirne l’integrazione (come la rilettura in chiave multiculturale delle fiabe di italo Calvino).

 
 

 

Glocalismo e nuove tecnologie: la telemedicina per uno sviluppo sostenibile e un business responsabile

Fra i progetti promossi nel mondo per utilizzare le nuove tecnologie quale strumento per produrre innovazione responsabile e sostenibile un’iniziativa molto interessante e di respiro glocal è quella che sta sviluppando l’ospedale Henry Ford, Detroit, USA, ed in particolare il “team” del Dr. Dulchavsky del dipartimento di chirurgia, insieme alla società scientifica Winfocus del Prof. Luca Neri (www.winfocus.org).

I due enti stanno lavorando insieme per promuovere uno sviluppo sostenibile nel campo dell’assistenza sanitaria nel mondo, attraverso l’uso di tecnologie e approcci innovativi all’interno di una vision che possiamo senz’altro definire glocalista.

Grazie a una ricerca condotta dal Dr. Dulchavsky con la NASA, infatti, è stato messo a punto un utilizzo innovativo dell’ecografia clinica abbinato a un sistema di telemedicina che permette di effettuare diagnosi mediche in tempi brevi e a costi contenuti, con possibilità di supporto remoto per personale non medico. Il potenziale di questa proposta si esprime soprattutto in contesti con scarse risorse economiche (come i Paesi in via di sviluppo), in ambiti geograficamente isolati (come le missioni spaziali) o in situazioni con estrema scarsità di tempo (medicina di emergenza).

Come funziona questa nuova metodologia? Quali sono le sue concrete applicazioni nel mondo del tempo e spazio zero?

Globus et Locus lo ha chiesto ad Alberta Spreafico, giovane Out-Reach and Sustainable Development strategist presso l’Henry Ford Hospital, department of surgery, la quale ci ha spiegato i dettagli di questo progetto.

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I prossimi appuntamenti 

Valori Identitari e Imprenditorialità

Il 15 luglio 2011, presso l’Università degli Studi di Udine, si svolgerà la giornata conclusiva del Corso di Perfezionamento Valori identitari e imprenditorialità, con una lectio magistralis di Piero Bsssetti sul tema dell’italicità.

Il corso si colloca all’interno del progetto FIRB, promosso dall’Ente Friuli nel Mondo in collaborazione con alcuni fra i più importanti atenei italiani e coordinato dal prof. Massimo Vedovelli, dell'Università per Stranieri di Siena. Obiettivo del corso, rivolto a giovani imprenditori brasiliani e argentini di origini friulane, è recuperare lo spazio linguistico e culturale delle origini - in questo caso friulane - per valorizzarlo in chiave glocal, quale valore aggiunto da spendere nel mondo e nella business community.

L’assunto di partenza all’interno del quale si inserisce questo progetto è che, in un mondo reso piatto dalla glocalizzazione, in cui le lingue e le identità tendono sempre più a mescolarsi le une con le altre, l’italicità è una grande risorsa, utilizzabile anche in termini di business ed imprenditorialità.

Per informazioni: http://www.uniud.it/didattica/post_laurea/master/corsi_di_perfezionamento

 
 

 

La recensione del mese 

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L’interessante saggio (ma forse sarebbe più opportuno parlare di pamphlet) della filosofa statunitense Martha Nussbaumdocente di Law and Ethics all'Università di Chicago, tratta il tema, ritenuto centrale dall’autrice, dell’istruzione in relazione al mantenimento e allo sviluppo della democrazia nelle società contemporanee.

Che l’istruzione sia legata a doppio filo alla forma di una società, influendo sullo spessore culturale e umano delle persone, è noto da più di duemila anni: ne parla con cognizione di causa già Platone nella “Repubblica”. Che le democrazie contemporanee non possano rinunciare all’insegnamento delle forme democratiche, pena un appiattimento delle coscienze a un’autorità di tipo nuovo, quella della tecnocrazia messa al centro delle vicende umane con come fine il benessere a ogni costo, è detto con grande chiarezza e molteplicità di esempi dalla Nussbaum.

Ma in che cosa consisterebbe, allora, l’insegnamento democratico e alla democrazia? Per l’autrice, si tratta innanzitutto dello stimolo e della conseguente abitudine alla riflessione autonoma del singolo, riflessione autonoma che si costruisce unicamente se il soggetto in questione è stato formato a ragionare a partire dalla tradizione del pensiero umanistico. Questa tradizione, e il metodosocratico di stimolo alla discussione libera, è ciò per cui si batte, oggi e qui, Martha Nussbaum, ben conscia dell’avanzata a tutti i livelli dell’istruzione di saperi legati alla scienza e alla tecnica che in qualche modo tolgono spazio e risorse all’umanesimo.

“Se l’autentico scontro di civiltà” scrive la Nussbaum “è, come io credo, uno scontro interno all’anima di ciascuno di noi, dove grettezza e narcisismo si misurano contro rispetto e amore” e se “viviamo in un mondo in cui le persone si trovano di fronte, affacciate su baratri geografici, linguistici e di nazionalità”, a maggior ragione assume valore un’istruzione basata sulla condivisione umana dei saperi e sulla comprensione e sul rispetto reciproci. In quest’ottica, si può dire che la proposta di Martha Nussbaum sia autenticamente glocal: insegnare ai popoli del mondo fittamente interconnesso l’abitudine alla creatività, al pensiero critico e al rispetto reciproco fa parte del grande disegno democratico di una compenetrazione dei saperi. Questo è pure l’indirizzo di Globus et Locus, che sottolinea che solo agendo all’interno di una paideia transazionale di saperi lo scambio di conoscenza globale e locale permette raggiungimenti specifici da proporre all’umanità intera.

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