Le sfide glocali dell'Europa e del mondo
In questo numero della nostra Newsletter vorremmo proporre alcuni aggiornamenti e considerazioni che evidenziano in modo paradigmatico, seppure in ambiti diversi, come la glocalizzazione stia profondamente trasformando l’organizzazione del mondo.

Sul piano politico, non possiamo non richiamare l’attenzione sull’Europa, alla luce della grave crisi in corso in Ucraina e degli esiti delle recenti elezioni. L’Europa è oggi chiamata a ripensare la propria identità e il proprio ruolo nel mondo, anche tenendo conto delle numerose istanze e spinte dal basso che i fatti richiamati incarnano.
Sul piano culturale e sociale, il delicato passaggio da un mondo inter-nazionale a uno glocal incide anche sul nostro rapporto con la lingua e l’identità, come dimostra l’acceso dibattito in corso in Svizzera per la difesa del quadrilinguismo e dell’italiano, dibattito al quale Globus et Locus ha partecipato attivamente nell’ambito del recente convegno di Basilea su L’italiano di frontiera.
La glocalizzazione incide anche sulla riorganizzazione del diritto, in un mondo dove sta prendendo forma progressivamente una realtà giudirico-politico ibrida «dominata da network, con ruoli fluidi e alleanze variabili», come ben messo in evidenza nel libro di Sabino Cassese, Chi governa il mondo?, recensito in questa Newsletter.
Riflessioni glocal sulla crisi ucraina
La crisi ucraina, iniziata a fine 2013 con le proteste di Piazza Indipendenza a Kiev, sta ricevendo una grande attenzione da parte dei media internazionali. Ma la sola cronaca non basta a raccontare quanto sta accadendo. Sono pertanto meritorie le iniziative come la lecture di un importante analista politico, Anatol Lieven, tenutasi il 14 maggio scorso a Milano per volontà della Fondazione ENI Enrico Mattei.
Questa conferenza ha rappresentato infatti l'occasione per fare il punto sulla crisi di un Paese la cui realtà è molto complessa e che richiama alla memoria la crisi georgiana del 2008, la quale ha portato alla secessione dalla Georgia dell'Ossezia del Sud e dell'Abcasia. Secondo Anatol Lieven, come per la Georgia, anche per l'Ucraina è e sarà impossibile schierarsi con una o con l'altra delle potenze che si stanno confrontando sul suo terreno, NATO e Russia. Inoltre, come la crisi georgiana, anche quella ucraina sta scoprendo le tensioni crescenti fra aspirazioni locali all'autodeterminazione e tentativi delle grandi potenze di crearsi un proprio “giardino di casa” in cui poter esercitare tutta la propria influenza, senza che sia possibile per altre forze globali intervenire. È su questo parallelo fra scelte strategiche, scenari geopolitici globali e sfide indipendentiste locali che si giocherà il futuro dell'Ucraina e forse del mondo.
Come già la crisi georgiana del 2008, anche la crisi ucraina sta mettendo a nudo i limiti dell'ordine internazionale nato dopo il 1945. Basti pensare al clima surreale in cui si è tenuto il referendum per l'indipendenza della Crimea, caratterizzato dalla presenza di forze militari russe sul territorio della penisola, presenza tuttavia che non sembrava sollevare dissenso da parte della popolazione locale. Il risultato, come noto, è stato la proclamazione dell'annessione della Crimea alla Russia.
Il caso della Crimea è rappresentativo delle pressioni che i livelli locale e globale possono esercitare sui confini degli Stati e che, ormai, dopo la caduta dell'URSS, producono fratture anche violente persino all'interno del vecchio territorio sovietico. Con tutta probabilità, in Crimea una spinta locale, quella mossa dalle frange russofile, si è sommata a una spinta regionale proveniente da Mosca e dai paesi che insieme alla Russia firmeranno a fine maggio il trattato istitutivo dell'Unione eurasiatica, ossia Bielorussia e Kazakistan. Entrambe queste spinte hanno dato inizio alla progressiva erosione dei confini nazionali ucraini che ora sembra procedere lungo tutta la frontiera sud-est, visto il successo degli indipendentisti ai referendum tenutisi a metà maggio a Donec'k e Luhans'k, la cui regolarità è ancora da dimostrare.
Il futuro ucraino è tutto da scrivere, tuttavia è indiscutibile che il vecchio assetto territoriale del Paese non potrà durare a lungo e dovrà lasciare spazio a una nuova costruzione di tipo federale, dove tutte le minoranze possano essere rappresentate. Questa è l'opinione, tra gli altri, dello stesso Anatol Lieven, il quale, nella recente lecture a cui si è fatto riferimento, ha caldeggiato l'idea di un'Ucraina federale come unica possibilità di sopravvivenza del Paese. Insomma, per l'Ucraina è diventato inevitabile fare i conti con la sua natura multietnica e con le forti pressioni indipendentiste. Le elezioni presidenziali, che si sono svolte in contemporanea con le elezioni europee del 25 maggio 2014, hanno visto vincitore l'oligarca filo-europeo Poroshenko. Tuttavia, una quota non indifferente della popolazione ucraina non ha avuto la possibilità di esercitare il proprio diritto di voto perché buona parte dei seggi situati nell'Est del Paese pare che non siano stati neppure aperti. Guarderemo con attenzione alle scelte del nuovo governo, per capire se l'Ucraina intenderà assecondare le citate spinte glocal oppure se preferirà chiudersi nel vecchio modello di Stato centrale che si dimostra ormai incapace di governare le società multietniche, se non a costo di grandi limitazioni della libertà dei suoi cittadini o persino a costo di usare violenza contro la propria popolazione.
di Fabrizio Di Benedetto – MSc in Relazioni internazionali e dottorando di diritto UE, Università degli Studi di Milano.
Il ruolo delle lingue nel mondo glocal e la proposta della Svizzera per difendere l'italiano
Come cambia il ruolo delle lingue nel mondo glocal e su quali presupposti si può costruire la tutela del proprio idioma? Su questo tema è in corso un acceso dibattito cultural-politico in Svizzera, Paese dove si pone con crescente importanza il problema della difesa del quadrilinguismo e dove si è costituito, nel 2012, un Forum per la valorizzazione e la difesa della lingua e della cultura italiana.

Di questo si è parlato in un importante convegno dal titolo L’Italiano sulla Frontiera. Vivere le sfide linguistiche della glocalizzazione e dei media, svoltosi a Basilea il 9 e 10 maggio e promosso, fra gli altri, dall’Istituto di italianistica dell’Università di Basilea e da Coscienza Svizzera. Al convegno è stato invitato a portare un contributo, nella sessione di apertura, alla presenza delle autorità svizzere, anche Piero Bassetti, Presidente di Globus et Locus, essendo, fra l’altro, l’Associazione, uno fra gli enti patrocinatori.

Il Presidente Bassetti nel suo intervento (scarica PDF) ha voluto stimolare una riflessione sul fatto che la difesa della propria lingua va oggi affrontata adottando un approccio nuovo, ispirato a un paradigma epistemologico che tenga conto del valore dell’ibridazione e della caduta dell’idea stessa di “frontiera” e di “confine”, sia esso nazionale, linguistico o identitario.

In questo quadro, è chiaro che il modo migliore per difendere una lingua non è più quello di affidarne la tutela solo ai soggetti istituzionali preposti a occuparsene, ma è piuttosto quello di fare riferimento ai valori che tale lingua è in grado di incarnare e veicolare. Nel caso dell’italiano, la validità di questo discorso è evidente. La storia ha infatti dimostrato che tutte le volte che l’italiano si è posto come una lingua di elezione, di scelta, ha avuto un ruolo di riconosciuto prestigio, mentre quando si è tentato di imporlo come una lingua politica è rimasto più marginale. Un discorso, quello sviluppato dal Presidente Bassetti, che è stato accolto con particolare interesse dai presenti e anche dall’esponente della Farnesina presente all’incontro e che si svilupperà nel corso dei prossimi mesi.
Intervista a Remigio Ratti
Degli esiti del convegno, che ha portato anche alla realizzazione di una Dichiarazione finale, abbiamo parlato con uno dei suoi principali promotori, Remigio Ratti, economista, presidente di Coscienza Svizzera e tra i coordinatori del "Forum per la lingua italiana in Svizzera"
Perché questo convegno?
L'italiano in Svizzera è lingua nazionale e lingua ufficiale, giuridicamente ben consolidata nelle istituzioni e ben presente nella pratica del federalismo svizzero e del suo quadrilinguismo. L'attenzione alle minoranze e agli equilibri interni del Paese hanno costantemente dato luogo a una situazione spesso invidiata all'estero, con dibattiti cui hanno fatto seguito adeguamenti pragmatici, nell'ambito della tradizione del federalismo svizzero; solo nel 2007 si è arrivati a una specifica "Legge federale sulle lingue nazionali e la comprensione tra le comunità linguistiche".
Segno di uno scenario divenuto più incerto?
La domanda è lecita appena si legga il titolo del precedente convengo dell'Istituto di Italianistica dell'Università di Basilea (16-17.11.2012): "L'italiano in Svizzera: lusso o necessità?", di cui sono appena usciti gli Atti a cura di Maria Antonietta Terzoli e Carlo Alberto Di Bisceglia (Casagrande, Bellinzona). Preoccupazioni interne alle quali tuttavia non potevano che aggiungersene altre, verso l'esterno.
Quali?
"L'italiano sulla frontiera" – e Basilea, ricordiamolo, rappresenta una frontiera trinazionale particolarmente aperta e pre-wesfaliana (Concilio di Basilea del 1431-49) – mette in risalto come, nell'era della globalizzazione, non sia solo l'italiano ma tutto il quadrilinguismo svizzero ad essere messo alla prova. In fondo, in questa sfida anche il tedesco – e i dialetti svizzero-tedeschi – diventano minoritari.
Un vantaggio per l'italiano ora sul medesimo piano?
Si aprono nuovi scenari; ma, né i processi di strisciante regionalizzazione su base linguistico-territoriale (con i vari Röstigraben o Polentagraben), né l'arroccamento attorno alla propria "lingua regionale" e all'inglese come lingua franca appaiono culturalmente e politicamente sostenibili. In un contesto europeo la Svizzera trova le forze e le convenienze migliori nell'affermarsi quale spazio multilingue e multiculturale.
Quale il ruolo delle frontiere?
In una relazione sempre più globale/locale emergono forme di ibridazione e di aggregazione culturali condivise e consimili, in grado di dialogare e di arricchirsi umanamente su basi non escludenti o esclusive. Le regioni di frontiera della Svizzera, in particolare quella bilingue di Basilea e con forte presenza italica, dimostrano la vitalità delle stesse e la capacità di far leva sul plurilinguismo e sulla necessità d'integrazione reciproca.
Il testo della Dichiarazione di Basilea ha tra l'altro messo in evidenza un punto di particolare interesse per l'approccio di Globus et Locus. Ce lo descriva.
L'italiano evolve solo cogliendo nuove prossimità, non più solo territoriali. In particolare, cogliendo nuove prossimità non strettamente geografiche; sono le prossimità di organizzazione e le prossimità istituzionali che si traducono in nuove reti di attori, in regole del gioco di politica delle lingue e di politica culturale. Si legge nella dichiarazione: "L'italofonia si allarga all'italianità e, con un neologismo, all'italicità, allorquando una comunità può avvalersi del "sentire italiano" espresso non solo da italofoni ma anche da persone d'altra lingua principale (compresi i figli degli immigrati di lingua italiana ormai integrati anche linguisticamente) che non necessariamente si esprimono in italiano, ma lo capiscono. In particolare l'italicità copre tutti i fenomeni che si riferiscono alla cultura e alla civiltà italiana e alla sua presenza nel mondo odierno".
Un traguardo significativo. Che però segna solo l'inizio di un processo, al quale saranno chiamati a partecipare tutti coloro che sono interessati a difendere l'italiano nel mondo, non come svizzeri o italiani o altro, ma come italici.
Recensione del mese: Chi governa il mondo?
di Sabino Cassese, Il Mulino, Bologna 2013.

«Chi mai gli ha affidato la terra e chi ha disposto il mondo intero?» (Gb 34, 13). Così Eliu, figlio di Barachele il Buzita, della tribù di Ram, si rivolge con sdegno e rimprovero verso Giobbe per riaffermare in maniera perentoria che Dio non sovverte mai il diritto. Questa intrigante domanda che riecheggia fin dall’Antico Testamento, ha attraversato l’intera storia dell’umanità. Ed è oggi ancora attuale. I grandi cambiamenti e le veloci trasformazioni di natura economica, politica, giuridica e sociale, che hanno investito il sistema globale mettono in evidenza come il mondo non sia governato soltanto dagli Stati, né tanto meno dall’azione parallela delle istituzioni internazionali. Ma, allora, chi dirige un mondo sempre più trasfigurato dalla globalizzazione?
Nel suo recente volume Chi governa il mondo? (Il Mulino, Bologna 2013), Sabino Cassese sostiene che a regolarne le sorti sia una forma di regime «politico mondiale», la global polity. Una realtà giuridico-politica ibrida, priva di una «struttura unitaria» e, per molti aspetti, «ancora inefficiente», «dominata da network, con ruoli fluidi e alleanze variabili», i cui lineamenti potrebbero addirittura diventare – o, forse, già sono in filigrana – quelli di un «sistema». Nel presentare il concetto di global polity, l’autore non solo registra il progressivo tramonto del già malfermo modello di sovranità di matrice vestfaliana, ma individua anche i segni di un mutamento in corso che sembra diretto verso una riproposizione in chiave nuova e ‘post-moderna’ di unità e di legittimità politiche squisitamente ‘pre-moderne’. L’ordine organico e gerarchico del Medioevo sembra però destinato a essere sostituito – dopo la parentesi dello Stato (moderno) – da un sistema di governance senza un’autorità suprema e naturalmente poliarchico.
Seppur «imperfetta e incompleta», proprio perché «manca di organicità e avanza in modo asimmetrico e settoriale», la global polity sembra tuttavia procedere «incessantemente» e «con estrema rapidità».
Professore emerito nella Scuola Normale Superiore di Pisa e giudice della Corte Costituzionale, Cassese descrive con cura attori, processi e caratteri, di questa inedita configurazione dell’ordine mondiale, nella quale governi nazionali, istituzioni internazionali, imprese multinazionali e gruppi di privati cittadini, intersecano e intrecciano le loro azioni ‘producendo’ incessantemente diritto. L’autore offre numerosi esempi concreti – che, seppur sottotraccia, intessono la quotidianità – della modalità con cui un’apparentemente caotica «molteplicità di regole, regimi, e fori» viene a generare opportunità per differenti soggetti pubblici e privati all’interno di un sistema così altamente «destrutturato». Egli, inoltre, mette in evidenza i diversi piani (verticale, orizzontale e trasversale), oltre che i vari livelli (internazionale, sovranazionale e transnazionale), in cui si gioca la delicata partita per il controllo di un mondo sempre più ‘plurale’ e, pertanto, ‘glocale’.
Sono soprattutto due gli aspetti cruciali che vengono analizzati nell’opera. Da un lato, l’influenza – forse poco conosciuta all’opinione pubblica, ma estremamente profonda – che i diversi attori della global polity attuano sul diritto amministrativo. Portando a sostegno delle sue riflessioni un’impressionante quantità di casi pratici, Cassese mostra in maniera prospettica il percorso già iniziato verso un giusto procedimento globale, di cui evidenzia in termini di consultazione e partecipazione potenzialità e limiti. Dall’altro lato, l’autore sottolinea l’impatto (positivo, pur se non di rado assai problematico) che i vari regimi di cui si compone la global polity esercitano e possono ancor più esercitare non solo e non tanto a livello procedurale sulla democrazia come ‘metodo’, ma anche e soprattutto a livello valoriale sulla democrazia come ‘ethos’. Intrecciando molti esempi di approcci top-down e bottom-up, egli riflette tanto sul delicato problema della democratizzazione dell’Europa e del suo allargamento, quanto sulla spinosa questione dell’esportazione (anche manu militari, come nel tragico caso del secondo conflitto in Iraq) del modello democratico. Ciò nella convinzione che, nonostante trovi nello Stato il suo «habitat naturale», la democrazia non sia «un affare esclusivamente interno»: «anche le istituzioni globali», infatti, «si preoccupano delle democrazie nazionali e vi è un forte e diffuso interesse nella global polity a che la democrazia sia promossa e conservata nel mondo il più possibile». Sull’orizzonte dell’imminente domani, la democrazia è così giustamente considerata come un «problema globale».
Nelle pagine di questo agile ma ricco e interessante libro, Cassese non cerca di risolvere le complesse questioni legate alla global polity. Più che offrire risposte preconfezionate, egli analizza con profitto problemi molto complessi. Da fine giurista, Cassese solleva così numerosi interrogativi, che aprono inediti e promettenti percorsi di ricerca. Al tempo stesso, egli permette alla fondamentale domanda che Eliu rivolse a Giobbe di echeggiare, di nuovo, all’inizio del XXI secolo e di interrogare l’uomo contemporaneo fino agli estremi confini della terra.
Recensione a cura di Luca Gino Castellin, ricercatore presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università del Sacro Cuore di Milano.
Eventi
Segnaliamo in questa sezione eventi o incontri che offrono stimoli concreti sulle tematiche della glocalizzazione, promossi da Globus et Locus, dai suoi soci o da altri enti, in Italia e nel mondo.
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Proiezione film: “Avanti artigiani”
Il 3 giugno sarà proiettato alla Triennale il film Avanti Artigiani, promosso da Fondazione Giannino Bassetti, in collaborazione con Camera di Commercio di Milano, Camera di Commercio di Monza e Brianza, Confartigianato e Credito Valtellinese. Nel 2013 oltre cinquanta imprese hanno risposto all'iniziativa «REALIZZARE L'IMPROBABILE. Artigianato, nuovo nome del lavoro». Tra queste, alcune sono state raccontate dal Centro Sperimentale di Cinematografia Sede Lombardia con la cura di Manolo De Giorgi e Andrea Kerbaker e la regia di Teresa Sala.
Milano, 3 giugno, ore 20.30, Palazzo Triennale di Milano, Viale Allemagna 6.
Per maggiori informazioni: Fondazione Giannino Bassetti
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Incontro: “Explora verso e oltre Expo 2015”
A poco più di sei mesi dal suo start up, Explora, società di promozione turistica avviata da Camera di Commercio di Milano, presenta in una serie di incontri pubblici che prenderanno il via proprio il 4 giugno, agli operatori turistici, alle istituzioni e al sistema imprenditoriale i trend della domanda turistica, l'evoluzione e anche le strategie di sviluppo del settore turistico.
Milano, 4 giugno, ore 9.30, Sala Conferenze, Palazzo Turati, Via Meravigli 9/b.
Per maggiori informazioni: Camera di commercio di Milano
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Convegno: "La Rai e Milano. Storia controversa, prospettiva necessaria"
Il convegno, promosso dalla Fondazione Paolo Grassi - La voce della cultura, con il patrocinio del Comune di Milano e del Consiglio Regionale della Lombardia, offre, grazie agli interventi di importanti attori della vita politica e culturale milanese, degli spunti per riflettere sui rapporti della città di Milano con la Rai, anche in una prospettiva futura. All'incontro sarà presente anche Globus et Locus, attraverso il suo presidente Piero Bassetti.
Milano, 6 giugno, ore 9.30, Sala Pirelli - Palazzo Pirelli, Consiglio Regionale Lombardia.
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Convegno: "La valutazione economica delle infrastrutture di trasporto, tra errori passati e prospettive future"
Il Laboratorio di Politica dei Trasporti (TRASPOL) del Politecnico di Milano e la Società Italiana di Politica dei Trasporti (SiPoTrà) organizzano un convegno dedicato alle più rilevanti innovazioni metodologiche nel settore delle infrastrutture di trasporto, con un dibattito critico sulla valutazione degli investimenti fatti e da fare.
Milano, 6 giugno, ore 9.00, Aula Convegni De Donato, Politecnico di Milano, Piazza Leonardo da Vinci 32.
Per maggiori informazioni: Traspol.Polimi
Rassegna stampa
If this was the rejection election, were does mainstream politics go?
The Guardian
La nuova Europa secondo Ulrich Beck "Ora si è spezzato il dogma dell'austerity"
La Repubblica
Il miracolo della Manmohanomics
Il Sole 24 Ore
How climate change will destroy your country's credit rating
The Atlantic
Salvare l'italiano per salvare la Svizzera
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