Editoriale
La nostra Newsletter di aprile 2011 si apre con l’annuncio di diverse novità. La prima, e più evidente, è il rinnovo del nostro sito (www.globusetlocus.org), un progetto che ha richiesto diversi mesi di lavoro ma che abbiamo ritenuto fondamentale per rendere il sito uno strumento di comunicazione e di aggregazione, in una logica di rete, di tutti quei singoli o community che nel mondo si interessano, a vario titolo, di tematiche glocal. Il nuovo sito ci ha permesso inoltre di riorganizzare e rendere più facilmente fruibili i risultati di progetti, studi, ricerche e pubblicazioni realizzati in oltre 12 anni di attività della nostra associazione.

All'interno di questo discorso si inserisce un’altra importante considerazione: se il percorso di Globus et Locus è stato finalizzato fino ad ora principalmente al richiamo e alla sensibilizzazione delle istituzioni glocal (in primis i nostri soci) e delle loro classi dirigenti all’esistenza delle sfide della glocalizzazione, ora l'intento è far evolvere il ruolo dell’associazione verso lo sviluppo di iniziative concrete adeguate a rispondere a tali sfide, sempre lungo i suoi tre principali filoni di attività: governance e istituzioni; popoli e società civile; cultura politica di riferimento per gli attori glocali.
La nostra nuova strategia di azione è sviluppata in modo più articolato nella relazione programmatica delle attività del 2011, presentata ai soci e qui allegata.
Un’altra novità di interesse è che il 2011, anniversario dei 150 anni di unità d’Italia, si è aperto all’insegna di un’accresciuta presa di coscienza, in diverse parti del mondo, del ruolo dell’italicità. Lo dimostrano due importanti iniziative appena conclusesi negli Stati Uniti. La più significativa è stata il Convegno dal titolo “From the Unity of Italians to the Unity of Italics: the Languages of Italicity Around the World”, ospitato il 15 e 16 aprile nella prestigiosa University of Pennsylvania (ateneo dell’Ivy League), e promosso da AISLLI e Globus et Locus, in stretto raccordo con l’Ambasciata italiana a Washington e il Consolato Generale di Philadelphia e con la partecipazione di una delegazione svizzera.
Ad aprire l’incontro e a delinearne senso e obiettivi è stato Piero Bassetti. Nel suo intervento introduttivo, qui allegato, Presidente di Globus et Locus ha ricordato come “Nel mondo glocal, dobbiamo chiederci quale nuova forma di organizzazione civile e politica può favorire l’unità degli italici di fronte alle sfide della globalizzazione. Un’unità nazionale o piuttosto una nuova modalità di aggregazione, in grado di raccogliere e rappresentare i numerosi “locals” sparsi nel mondo? Un’aggregazione “a centro” o piuttosto reticolare, funzionale, pluralista?”
Fra gli altri interventi particolarmente significativi ricordiamo quelli di Fabio Finotti, Penn University, Carlo Petrini, Slow Food, Tatiana Crivelli, Università di Zurigo, Remigio Ratti, Università di Losanna, Maddalena Tirabassi, Centro Altreitalie, di cui parla più diffusamente Niccolò d'Aquino nell'articolo a seguire.
Sempre all’italicità è stata dedicata la serata conclusiva della 42esima Convention NeMLA, alla Rutgers University di New Brunswick.
In allegato gli interventi di Piero Bassetti ai due convegni: Intervento Philadelphia, Intervento NeMLA.
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L'unità degli italici parte dall'America? Convegni sull'italicità nel mondo
di Niccolò d’Aquino, giornalista e corrispondente di America Oggi
Due passi importanti lungo la strada dell’aggregazione degli italici. Credo che, ricorrendo a una semplificazione giornalistica, si possa sintetizzare così la doppia missione negli Stati Uniti, appena conclusa da Globus et Locus e dal Centro Altreitalie, da qualche anno entrato nell’orbita di GL.
Prima a New Brunswick, nel New Jersey, dove, organizzata dalla Rutgers University dal 7 al 10 aprile, si è svolta la 42esima Convention della NEMLA, la Northeast Modern Language Association. Poi, alcuni giorni dopo, il 15 e 16 aprile a Filadelfia, al seminario Dall’unità degli italiani all’unità degli italici, realizzato dal Center for Italian Studies della University of Pennsylvania assieme a Globus et Locus, all’AISLLI - l’Associazione Internazionale per gli Studi di Lingua e Letteratura Italiane - e al locale Consolato generale d’Italia.

Sono state due occasioni che, nelle relazioni ufficiali e negli incontri e confronti successivi, hanno permesso a Piero Bassetti (Globus et Locus) e a Maddalena Tirabassi (Centro Altreitalie) di illustrare il Progetto Italici anche a platee che della questione avevano una conoscenza vaga. Ricavandone idee, indirizzi e proposte nuovi. E suscitando molto interesse ma soprattutto - è solo una prima impressione a caldo, ma corroborata da una serie di indubbi segnali - facendo nuovi “adepti”.
A Filadelfia, infatti, il terreno era fertile in partenza perché il pubblico di docenti e studenti, guidato dal professor Fabio Finotti titolare del dipartimento di italianistica che, su sua scelta, diventerà di italicistica, è già “preparato” da alcuni anni.
Ma meno scontata era la reazione alla NEMLA. Qui la platea era composta esclusivamente da docenti e ricercatori di lingua e storia della letteratura italiana: attivi per lo più negli Stati Uniti o, se basati in Italia, in stretto contatto operativo con gli atenei statunitensi.

Non era affatto certo che il concetto per certi versi rivoluzionario della italicità sarebbe stato immediatamente compreso e accettato dalla folta platea di professori a cui hanno parlato Bassetti e Tirabassi e a cui, a cura dello scrivente, è stato anche presentato il progetto mediatico della Italic Syndication teso a organizzare la raccolta e la diffusione del materiale giornalistico ed editoriale degli almeno 800 mezzi di comunicazione italica sparsi nei cinque continenti.
L’obiettivo di diffondere e sviluppare anche in rete l’immenso patrimonio culturale di una delle più grandi polis globali, quella italica appunto, andando “oltre” l’Italia e le istituzioni ufficiali italiane, poteva provocare una comprensibile perplessità tra professionisti dell’insegnamento abituati ad agire su parametri educativi e divulgativi consolidatisi nel corso dei decenni lungo i binari di due accademie ufficiali - diverse ma entrambe prestigiose - come quella americana e quella italiana.
Così non è stato, invece. Il chiaro interesse con cui alla NEMLA sono stati ascoltati gli interventi e il successivo dibattito che ne è scaturito, fanno capire che «qualcosa è cambiato» o potrebbe cambiare. Il fatto, poi, che al termine delle relazioni e del dibattito pubblico siano stati soprattutto i docenti più giovani ad affollarsi attorno ai relatori per chiedere ulteriori chiarimenti, proporre di proseguire il contatto e portare le proprie esperienze - miste a qualche delusione per la situazione attuale in cui si trovano ad operare - conferma l’impressione che sia stato gettato un seme destinato a dare frutti in un futuro neanche tanto lontano.
A Filadelfia invece si è giocato di più in casa. Molti degli interventi - oltre a quelli di Bassetti, Tirabassi e Finotti vanno sicuramente evidenziati quelli dei ticinesi Remigio Ratti, Oscar Mazzoleni e Tatiana Crivelli, e quelli di Riccardo Giumelli e, in video conferenza, di Carlo Petrini di Slow Food - hanno aperto nuovi capitoli della glocalizzazione italica. Dal Rinascimento italiano, alla base di quello straordinario e unico patrimonio che è nel corso dei secoli ha dato vita alla cultura italiana, ci si è avviati alla postulazione e stesura dei passi da compiere per avviare il Rinascimento italico. I cui protagonisti e diffusori si muoveranno, come tutti hanno concordato, nell’ambito di una aggregazione di interessi del tutto nuova: glocale, meta-nazionale (anzi: a-nazionale), in rete e incurante di confini e passaporti ormai sempre più evanescenti e poco significativi. Non limitata nemmeno dall’uso forzato di una sola lingua.
A Filadefia, poi, è stata anche presentata e accolta l’idea di attivare un “annuario” degli italici nel mondo. Ed è stata stesa la prima bozza di un Manifesto degli italiciche, dopo la revisione finale, entrerà negli atti ufficiali del Convegno. Sarà la piattaforma ideologica sulla quale confrontarsi.
Per tutto questo credo che, sì, le due tappe americane siano state importanti.
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Prossimi appuntamenti
Segnaliamo gli incontri e le iniziative che offrono stimoli concreti sulle tematiche della glocalizzazione, promosse da Globus et Locus o da altri enti, in Italia e nel mondo. Cogliamo l’occasione per invitarvi a segnalarci eventi o iniziative che ritenete interessanti!
2 maggio, Milano, ore 21.00: Globus et Locus partecipa alla serata iniziale della Settimana della Città, iniziativa promossa dalla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Statale di Milano. La serata segnerà l’inizio di una serie di giornate dedicate al tema della Città, nelle quali, attraverso la presentazione di progetti e proposte, si discuterà della glocal city di Milano e delle sue possibili forme di governance.
Scarica l'invito!
4 maggio, Milano, dalle ore 9.30: Immigrati e credito: gli scenari evolutivi del mercato italiano. Convegno promosso dalla Fondazione Ethnoland con la partecipazione di Globus et Locus. Una riflessione, al Circolo della Stampa, di impronta glocal sui nuovi scenari che si aprono per gli immigrati che intendono avere accesso al credito del sistema bancario italiano ed europeo.
Scarica l'invito!
6 maggio, Torino, ore 9.00: l’Istituto Paralleli, nell'ambito del progetto europeo Med Governance, ha promosso un seminario sul tema delle macroregioni, a cui sarà presente anche il presidente di Globus et Locus, Piero Bassetti.
Per informazioni: www.paralleli.org
24 maggio, Torino: all'interno del Master in American Studies, l'Università di Torino organizza un incontro dal titolo SYMPOSIUM: Torino-New York. Come l'Italian-made trasforma l'America. All'evento saranno presenti interlocutori della community italica quali Francesco Farinetti (AD Eataly) e Carlo Petrini (Presidente Slow Food). L’accesso alla Giornata di Studi è libero e gratuito, sino a esaurimento posti. Contatti: Master in American Studies, Via Verdi 10, 10124 Torino, tel. 011.670.2784, email: masteramericanstudies@unito.it, www.masteramericanstudies.unito.it
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La recensione del mese
Emilio Gentile: Né stato, né nazione. Italiani senza meta, Laterza 2010

Storico di fama internazionale, allievo di Renzo De Felice, Emilio Gentile s’interroga da sempre sul tema del fascismo, del totalitarismo e negli anni Novanta è stato autore di un fondamentale libro sul tema del mito nazionale nell’Italia unita. Non poteva mancare, pertanto, una riflessione sulle celebrazioni dei 150 anni dall’Unità d’Italia, racchiuse in un libretto breve, agile che pone, tuttavia, molte questioni.
Il tema di fondo, che pervade i quattro capitoli, è lo smarrimento generale. Non solo e non tanto degli italiani, ma soprattutto di intellettuali e studiosi, coloro i quali dovrebbero concentrarsi sui fenomeni storico-sociali. L’originalità del libro sta però proprio in questo, in uno sguardo a 360 gradi sul nostro Paese, sulla sua identità, sulla sua cultura, delineando passaggi, continuità e discontinuità che tuttavia non riescono a lenire le preoccupazioni per una situazione che pare sfuggire da qualsiasi controllo politico e sociale. Ha senso parlare di stato-nazione in tempi di globalizzazione? Le risposte sono complesse. Interpretazioni contrastanti, opposte, si accumulano e si sedimentano nei quattro capitoli: i primi due nei quali l’autore confronta le celebrazioni dei 50 anni dall’Unità anche e soprattutto attraverso le parole di Giuseppe Prezzolini con i festeggiamenti attuali, nel terzo delinea il percorso e l’avvento del paradigma dello Stato-nazione, ed infine nel quarto immagina di scrivere l’ultimo capitolo del primo volume della Storia d’Italia nel XXI secolo, pubblicato nel 3111 dalla Casa Editrice Il Cosmopolita Nazionale, nella collana “Memorie Condivise”.
La difficile realizzazione del progetto di uno Stato-nazione italiano fa’ sì che l’autore strizzi più volte l’occhio a Rosario Romeo “i vecchi Stati nazionali europei, in larga parte ridotti a fossili privi di vero contenuto morale e politico”, oppure a Hobsbawm quando sostiene che nazione e nazionalismo non costituiscono più “un elemento trainante e di prima importanza dello sviluppo storico”. Il libro pertanto pare muoversi su linee diverse, portate avanti simultaneamente e dialetticamente: “non sembra affatto che il fenomeno nazionale e gli elementi che lo compongono si siano incamminati sulla via del tramonto” come sostiene nella ricostruzione epistemologica del paradigma nazionale, ma al tempo stesso l’Italia è un “paese” ormai senza Stato né Nazione. Probabilmente le idee più significative emergono proprio alla fine, quando Gentile, immaginando di scrivere nel futuro un ultimo capitolo del primo volume sulla Storia d’Italia dubita che tale testo possa avere un seguito.
Anche noi pensiamo che la simultanea assenza di Stato e Nazione non debba essere vista come problema. All’opposto può e deve essere risorsa, perché il glocalismo sta teoricamente e nei fatti prendendone il posto. La costruzione glocalista può erigersi sulle macerie, ormai inevitabili, del paradigma nazionale, che, rispondendo a Gentile, in un dialogo virtuale, non può che sembrarci contingente e non definitivo e meno che mai “un’entità alla base della stessa natura dell’essere umano”.
Non possiamo non fare riferimento ad una citazione, riportata dallo storico, di D’Azeglio “gli italiani sono i più pericolosi nemici dell’Italia unita”. Per il marchese piemontese gli italiani c’erano già quando l’Italia fu fatta, ma per questo riteneva che gli italiani, nella loro lunga e profonda diversità culturale, preesistenti all’Unione potessero far affondare il progetto nazionale. Mi chiedo se in questo caso non avesse visto lungo, probabilmente gli italiani non sono stati fatti come avrebbe voluto, ma magari aveva intravisto gli italici, glocali e poco propensi a condividere il progetto di Stato-nazione.
Recensione a cura di Riccardo Giumelli, sociologo, Università di Firenze