Globus et Locus newsletter n.9 2008

Globus et Locus ha dieci anni!

Da dieci anni Globus et Locusè impegnata in un proficuo confronto teorico e fattuale con le grandi trasformazioni che sono state imposte dal fenomeno della globalizzazione. Per celebrare questo anniversario alcuni tra i più significativi documenti e interventi di questo decennio sono stati selezionati e raccolti nel libroGlobus et Locus. Dieci anni di Idee e Pratiche” (Giampiero Casagrande editore, 2008).

Da questa raccolta emerge con chiarezza l’originalità di un approccio indirizzato a produrre idee e realizzare pratiche nell’ambito di una dimensione glocale. Al centro degli interessi di Globus et Locus si sono sempre collocate le interferenze e le interazioni tra la dimensione locale e quella globale, tra le peculiarità dei diversi territori e i flussi planetari, al fine di delineare le realtà e i concetti propri dell’attuale assetto postnazionale.

Da questo contesto sono emerse diverse nuove figure che oggi caratterizzano gli ambiti della politica, dell’economia e della società: le istituzioni preposte a una governance transnazionale, le imprese transterritoriali, i nuovi popoli globali, gli enti locali intesi come nodi di una vasta rete mondiale.

Il portato del lavoro svolto da Globus et Locus è l’elaborazione di un apparato concettuale e lo sviluppo di pratiche utili sia per la classe dirigente, sia per chiunque senta l’esigenza di orientarsi tra i complessi mutamenti della contemporaneità.

Guida al network e ai progetti di Globus et Locus





Italici in New York

Dall’8 al 13 novembre 2008, in occasione della pubblicazione in lingua inglese del libro “Italici. An Encounter with Piero Bassetti ” (Bordighera Press, 2008) realizzato in collaborazione con i-Italy e il Calandra Institute, Globus et Locus ha partecipato a diversi incontri con la comunità italica di New York.

Tutti gli incontri, da quelli più informali (con intellettuali americani-italiani al Calandra Italian American Institute o con i giovani studenti di italiano alla IACE) a quelli pubblici (alla Italy-America Chamber of Commerce e alla Casa Italiana Zerilli Marimò), hanno riscosso grande interesse e, soprattutto, si sono rivelati delle preziose occasioni di confronto e dibattito sul senso e le prospettive dell’identità italica nel mondo glocalizzato, e sulle sue diverse declinazioni, a partire da quella degli americani-italiani o dei ticinesi in America, in rappresentanza dei quali ha partecipato ai diversi incontri il presidente della Pro Ticino di New York. Motivo per il quale, come sottolineato dal Prof. Fabio Finotti della Pennsylvania University, si dovrebbe parlare di tante “italicità” nel mondo per dar conto della natura complessa e multiforme della grande community italica globale.

L’esperienza di New York apre nuove prospettive e percorsi che Globus et Locus intende sviluppare nei prossimi mesi insieme ai diversi attori coinvolti.

Riportiamo qui di seguito il bell’articolo pubblicato il 15 novembre 2008 da America Oggi e i link ad altri articoli e commenti relativi agli incontri di New York.

            

Piero Bassetti presenta i suoi "Italici" alla Casa Italiana Zerilli-Marimò

La Casa Italiana Zerilli Marimò della NYU ha aperto le sue porte a Piero Bassetti, imprenditore, politico ed intellettuale di spicco, presidente dell'associazione Globus et Locus, in occasione della presentazione del suo ultimo libro Italici, scritto con Niccolò d'Aquino e Paolino Accolla, tradotto in inglese su imput di i-Italy/Italian American Digital Project e pubblicato negli Usa dalla casa editrice Bordighera Press. Nella prefazione al libro, scritta da Letizia Airos Soria, emerge lo spirito dell'incontro tra Globus & Locus ed i-italy: la comune missione di diffondere e consolidare una nuova identità "italica" in America e nel mondo - un'identità trans-nazionale, cosmopolita e "g-locale".

L'evento, organizzato da i-Italy e sponsorizzato dal Consolato Generale d'Italia a New York, dalla Casa Italiana (NYU), dal Calandra Italian American Institute (CUNY), e da Bordighera Press, ha visto accademici, giornalisti ed esperti nel campo degli studi itaoamericani confrontarsi con l'autore in un serrato dibattito durato quasi tre ore. Stefano Albertini, direttore della Casa e professore alla NYU, ha introdotto la tavola rotonda a cui partecipavano il Console Generale Francesco Maria Talò, Anthony J. Tamburri (preside del Calandra Institute), TeresaFiore (California State University Long Beach), Fred Gardaphe (Queens College, CUNY), Fabio Finotti (University of Pennsylvania), Niccolò d'Aquino (giornalista per il Corriere della Sera), Ottorino Cappelli, professore all'Università di Napoli "L'Orientale" e Project Coordinator di i-Italy, e Letizia Airos Soria, executive director di i-Italy e giornalista per America Oggi.

Come si trasforma la vecchia identità italiana nel nuovo mondo globalizzato e globalizzante? Quale ruolo assumono i nuovi strumenti tecnologici e mediatici nel disegnare la nuova italianità post-nazionale, quella che Bassetti definisce "italicità"? Quesiti che certamente non pretendono risposte semplici e immediate, ma che servono a sollevare dubbi e indurre alla riflessione. Il dibattito, articolato e stimolante, è stato arricchito anche dal pubblico presente in sala, dimostratosi straordinariamente partecipe. Erano presenti innanzitutto tre protagonisti della comunità che hanno contribuito in modo determinante alla promozione della cultura italiana e itaoamericana: La Baronessa Mariuccia Zerilli-Marimò, il Cav. Joseph Coccia, fondatore del Coccia Institute della Montclair State University (NJ), e il Cav. Vincenzo Marra, fondatore di ILICA. E poi giornalisti, accademici e tanti giovani, tra cui diversi i graduate students in dipartimenti di italianistica, e "semplici" appassionati dell'Italia.

Si trattava di un vero e proprio campione degli "Italici" del libro di Bassetti. I protagonisti di una diaspora che ha sradicato i loro genitori e nonni dai territori di origine, ma anche quegli italofili che il sangue italiano non ce l'hanno e non l'hanno mai avuto. E inoltre quelli cui discendenza italiana è cosi remota, cosi lontana nel tempo, che ne hanno perso le radici, la lingua, le tradizioni. Non sono italiani, non lo saranno mai, forse. Ma sono i testimoni dell'Italicità nel mondo. Sono già cittadini globali in un mondo che ancora a volte fatica ad abbattere le barriere nazionali e statali. Si servono dei nuovi strumenti che l'odierna tecnologia offre loro, primo tra tutti Internet e il Web, esprimendo la propria italicità dal basso e costruendo nuovi spazi di incontro virtuali ma molto concreti, una "città italica" che è al tempo stesso locale e globale.

Nel Manifesto che Bassetti ha accluso in appendice al suo lavoro, e che è stato letto da Lucia Grillo, regista ed attrice, per introdurre il dibattito queste persone vengono definite "glocalisti". Così Bassetti definisce la loro identità: "Noi siamo glocalisti perché sappiamo che la tecnologia, cambiando le nostre idee di tempo e di spazio, ha cambiato il mondo e l'ha reso uno (...) e perché sappiamo che relazioni senza confini cambiano il significato di luogo, lo avvicinano a quello di nodo e aprono un nuovo rapporto tra globale e locale: attraverso le reti il globale entra in tutti i loci e ogni locus fa parte direttamente della dimensione globale”.

di Marina Melchionda (America Oggi, 15 novembre 2008)

Oggi7, 16 novembre 08 - Bassetti e gli italici del glocal

News ITALIA PRESS, Italy – city. The internet generation...global, local or g-local

i-Italy - Piero Bassetti's Italici. New and old generations in a glocal world

i-Italy – Italicity: who, what, when where and how’s italian

Youtube - intervista Bassetti-Tamburri per Italics (CUNY TV)
 

Prima Conferenza dei Giovani Italiani nel Mondo

Il tema centrale della Prima Conferenza dei Giovani Italiani nel Mondo - tenutasi a Roma dal 10 al 12 dicembre 2008 - è stato quello dell’identità. Chi sono, in realtà, i giovani italiani all’estero e qual è il loro legame con l’Italia?

Questa domanda ha ricevuto una puntuale risposta: sono cittadini del mondo con un’impronta italica. Si riconoscono, cioè, in un’appartenenza plurima: quella del Paese dove risiedono e quella italiana, originaria.

I 400 giovani italiani nel mondo si sono presentati a Roma con la precisa volontà di esprimere il loro attaccamento ai valori, alle esperienze e alle sensibilità italiche ma, nello stesso tempo, non hanno voluto saperne di appiattirsi su un semplice e scontato discorso di “rapporti bilaterali” fra una nazione di origine, l’Italia, e tante “colonie” culturali.
Si tratta di giovani che condividono un progetto per il futuro piuttosto che rimpiangere una visione del passato.
I beni culturali, le reminiscenze storiche, le esperienze comuni, tutto ciò non è stato, naturalmente, disatteso. E tuttavia, questi giovani hanno saputo portare e porteranno in futuro la globalità (che non è affatto il globalismo uniformizzante, seconda la nota distinzione che fa Ulrich Beck) al paese Italia. Una delegata, Barbara Origlio, lo ha detto a chiare lettere: “la nostra è un’identità globale”. Ha poi aggiunto: “noi italiani della diaspora produciamo altrettanta cultura di quanta ne produce l’Italia”. Oggi – la conferenza di Roma lo ha dimostrato – i “produttori” di cultura e di valori italici non sono necessariamente confinati nello Stivale.
Che la globalizzazione multiculturale avrebbe investito soprattutto i giovani e soprattutto quei giovani che vivono fuori d’Italia, non dev’essere una sorpresa. Se l’Italia, per merito di quel vasto universo di sensibilità e intelligenze italiche che la circonda e la avvolge in tutto il mondo saprà trarre insegnamento da un modo di pensare e agire aperto e propositivo che vive e si immedesima in una rete, che non riconosce centri di potere egemoni, che ha voglia di parlarsi e conoscersi, il senso di questa conferenza potrà dirsi compiuto e realizzato. 

L’identità dei giovani italici è stata definita anche “un progetto” per il futuro, piuttosto che una reminiscenza del passato. E se, per una volta, affidassimo il progetto del nostro futuro a una generazione di giovani che vivono e prosperano a New York, Buenos Aires, Francoforte e Sydney? Occorrerà seguirli, questi giovani italici entusiasti.

I documenti finali della Conferenza dei Giovani Italiani nel Mondo sono consultabili sul sito del MAE: http://www.esteri.it

Sergio Roic

 

Obama: leader globale responsabilità globale

Barack Obama ha rimescolato il rapporto fra un messaggio politico e i confini dello Stato in cui questo messaggio viene lanciato. Obama ha creato una constituency mondiale?

In queste ultime settimane si sono sprecati, direi anche giustamente, i commenti sul larghissimo consenso che Barack Obama è riuscito a convogliare sulla sua persona  fuori dagli Stati Uniti. In fondo si potrebbe dire che Obama ha avuto come constituency, ovvero come “territorio elettorale”, non solo gli Stati Uniti ma il mondo, o perlomeno una parte di esso.

Questa notazione introduce una riflessione. Sarà interessante vedere se Obama nelle sue scelte di politica estera difenderà solo e unicamente gli interessi degli Stati Uniti d’America o se baderà anche agli interessi della grande constituency per certi versi mondiale che l’ha sostenuto. Da molte parti si è detto che Obama ha compreso come il web, e cioè lo spazio virtuale, sia il nuovo territorio del confronto, anche e soprattutto del confronto politico.

Non è invece stata percepita un’altra verità: lo spazio del web è anche una nuova constituency elettorale. Quindi, se il nuovo Presidente degli USA vorrà essere rispettoso con i propri elettori, sia concreti sia in questo caso virtuali, non dovrà più occuparsi solo degli USA e dei loro interessi nazionali.

L’elezione di Obama dimostra che oggi non c’è più un confine ben delimitato tra le constituencies e il sistema di interessi che il candidato deve rappresentare. Ciò è dovuto al fatto che l’era glo-cal (la dimensione globale che si intreccia sempre e comunque con quelle locali), la nostra era, ha prodotto un nuovo tipo di popolo e forse sta producendo anche nuove forme di partecipazione democratica.

In un ambito come questo, dove si discute di italici e italicità, sarebbe interessante poter riflettere sulle opportunità che si presentano al giorno d’oggi agli italici, un popolo nuovo e interamente globale-locale. Gli italici potrebbero, infatti, essere rappresentati negli USA per mezzo degli italoamericani, mentre gli stessi Stati Uniti potrebbero essere efficacemente rappresentati nei paesi dove risiedono gli italici per mezzo e tramite quest’ultimi.

In altre parole, Barack Obama con la sua elezione e presidente degli USA non solo ha relegato in secondo piano il problema dell’impermeabilità fra i gruppi etnici, ma, in misura ancora maggiore, ha rimescolato il rapporto fra un messaggio politico e i confini dello Stato in cui questo messaggio viene lanciato.

Obama ha creato una constituency mondiale? Adesso è tenuto a rappresentarla.

Piero Bassetti - articolo pubblicato in italiano e in lingua inglese sul blog “Italy-city” sul sito www.i-italy.org


La recensione del mese

“Italians. Il giro del mondo in 80 pizze”, B. Severgini, Rizzoli, Milano 2008

Italians vs Italici, Italians ed Italici, Italians negli Italici oppure ...?

Globus et Locus non poteva rimanere indifferente al pensiero di Beppe Severgnini e al suo libro “Italians. Il giro del mondo in 80 pizze” uscito di recente per Rizzoli. Libro che nasce per celebrare i 10 anni del forum “Italians” su corriere.it. Anniversario storico in quanto dieci anni on-line sono già segno di lunga esperienza nella rete e di lungimiranza nel saper cogliere le sue potenzialità. Severgnini ritiene che un anno on line ne valga sette, un po’ come per i cani, e che quindi sia come esser giunti al settantesimo anniversario.

Questa recensione non nasce dall’idea di scovare una lettura magari passata inosservata, persa tra le tante uscite mensili ma degna di attenzione. Il libro è promosso brillantemente nei media e presente in molte vetrine dei librai. La recensione nasce invece dalla necessità ma anche dal desiderio di confronto fra noi che pensiamo che in tutti gli angoli del pianeta ci siano degli italici e chi piuttosto racconta, descrive, incontra questi Italians.

Gli Italians di cui Severgnini fa conoscenza attraverso il sito, ma anche e soprattutto attraverso una lunga serie di “pizzate” – come diremmo noi in Toscana - organizzate una volta sola in diverse città del mondo, risiedono all’estero. Sono coloro che già socializzati in Italia, per le più svariate ragioni -  lavoro, amore, studio - si trovano da qualche parte del mondo fuori d’Italia. Forse ci rimarranno per poco tempo, forse per tanto e magari nello stivale non torneranno più, se non per le vacanze o a trovare parenti e amici.

Il libro in effetti è un collage di racconti, ognuno dei quali tratta di pizze in compagnia attraverso i cinque continenti. Sono 82 pizze, dalla prima a Londra del 19 ottobre 1999 all’ultima di Pechino del 25 agosto 2008. Una mappa segnala tutti i luoghi percorsi sui quali la caricatura di Severgnini vola surfando su di una pizza, con penna e taccuino naturalmente in mano.

I racconti sono un modo per descrivere il luogo nel quale gli Italians si incontrano: ogni viaggio è una storia, della quale si sarebbe potuto, immagino, scrivere un libro a sé.

Ho sempre letto con un certo piacere, oltre che interesse, gli scritti del giornalista di Crema – noto che ci tiene sempre a ricordare la sua città di origine, come volesse farsi perdonare il torto di “fuggire” sempre da qualche parte. Ho sempre apprezzato il suo stile pungente ma sobrio, colto ma semplice, attento ma easy, intuitivo ma mai lasciato al caso. Apprezzo anche il fatto che, come altri due grandi giornalisti italiani, Luigi Barzini e Giuseppe Prezzolini, hanno provato a fare, Severgnini sia curiosamente innamorato di capire un po’ di più questi italiani cercando soprattutto di “spiare” quelli che sono aldilà dei confini nazionali. E come Barzini e Prezzolini, sembra provare amore e odio verso questa Italia che “ci manda in bestia e in estasi nel raggio di cento metri e nel giro di dieci minuti”. Il libro è così frutto di esperienza – di tante miglia accumulate sugli aerei e sulle fidelity cards - e dell’intelligenza di chi sa che spesso essere giornalisti significa essere anche sociologi, per la capacità di cogliere da piccoli particolari idee, teorie e conclusioni più generali.

Ma allora questi Italians sono oppure no degli Italici? I loro significati sono complementari, eppure profonde differenze emergono. Innanzitutto perché Severgnini parte da un approccio “internazionalista”, che dipende ancora dai confini territoriali e dalla carta d’identità: cioè si è Italians se si è Italiani, con l’aggiunta indispensabile di avere tutti e due i piedi fuori dal confine politico. In questo modo Severgnini non prende in considerazione, per esempio, gli oriundi che, pur avendo una matrice culturale italica, non sono italians e non si riuniscono per pizze, ma magari per hot dogs!  Per avere qualcosa di italico non è necessario essere nati o aver vissuto nella penisola,  ma si può essere italici, anche solo perché si è cresciuti nelle famiglie “italiane” di Argentina, Australia o Francia. O addirittura si può essere italici avendo solo vissuto qui qualche anno per studio o lavoro avendo riportato a casa un pezzetto di italicità o essendo emigrati in Italia.

Credo sarebbe interessante approfondire questi discorsi, tentare di comprendere fino a che punto queste idee – italici e italians - si incrociano e si lasciano, quali sono le analogie e quali le differenze. Tutto, naturalmente, tra le righe di una passione nel raccontare un’identità come quella italiana/italica che Beppe Severgnini sa fare con maestria, acume ed ironia.

Riccardo Giumelli 

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