Mobilità e qualità della vita urbana
Affrontare i fenomeni urbani a partire dal potenziale di mobilità dei suoi attori, dagli spazi pubblici e dalla gestione delle reti. Sono questi i criteri di indagine del LaSur, il Laboratorio di Sociologia Urbana del Politecnico di Losanna, diretto da Vincent Kaufmann.
Per approfondire questi temi, lo scorso 20 novembre Globus et Locus ha promosso all’interno del Laboratorio RISC un seminario dal titolo “Mobilità e qualità della vita urbana” in cui il professor Kaufmann ha esaminato la problematica alla luce del concetto di “motilità”, ossia la capacità potenziale di ogni cittadino di spostarsi e utilizzare i sistemi di trasporto.
In particolare, per valutare la motilità di un utente, oltre agli accessi disponibili (reti stradali, trasporti pubblici), bisogna considerare le competenze di cui dispone per poter utilizzare questi accessi (la conoscenza della rete autostradale, o la dimestichezza con le ricerche on-line degli orari ferroviari ) e infine l’appropriazione, cioè cosa fanno i cittadini con questa offerta di modalità e perché.
Come ha illustrato Kaufmann “il vantaggio di questo approccio è di concentrarsi sulla persona e sulle scelte, anziché sulle mappe con origine e destinazione dei percorsi. Inoltre, la motilità è un atteggiamento che può trasformarsi in atto del muoversi ma può anche rimanere potenziale, non essere agita, e permette di affrontare anche il tema della domanda latente. Il terzo vantaggio dell’analisi attraverso il filtro della motilità è che consente di affrontare la mobilità in termini di stili di vita e non solo di scelte puntuali e legate alla scelta quotidiana. Con la motilità possiamo iniziare a pensare a tutti gli spostamenti, al muoversi, in un’ottica complessiva, che prende in considerazione tutti i dati della vita quotidiana.”
Con riferimento a una città come Milano, che si trova ad affrontare un rapporto problematico tra urbanistica e mobilità, l’applicazione del concetto di motilità fa spostare l’attenzione dalle politiche che intervengono sull’offerta di servizi (costruzione di infrastrutture, creazione di linee di trasporto) a quelle che si propongono di incidere sulla domanda (le esigenze dettate dagli stili di vita dei cittadini). Una politica della mobilità risulta efficace quando riesce anche a modificare i comportamenti degli utenti.
Partendo da questo presupposto, risulta chiaro il monito di Kaufmann che sostiene come, affinché una politica dei trasporti sia efficace, non può essere pensata di per sé, ma debba essere integrata in modo sinergico con almeno altre tre sfere politiche, ovvero la regolamentazione degli accessi in città, i piani di urbanizzazione e soprattutto la politica della casa.
Naturalmente, questi processi che si propongono di incidere sugli stili di vita necessitano di decenni, ed è questa la criticità maggiore in termini di discontinuità politica nell’azione in materia di mobilità.
Il "ventre" della metropoli
In occasione del seminario “Entre villes et métropoles. Les dessous de la métropole” promosso dalla Città di Parigi e dalla Maison de l’Europe de Paris l'11 dicembre prossimo, Globus et Locus è stata invitata ad affrontare la tematica del “ventre urbano”della metropoli.
L’interpretazione proposta da Globus et Locus, elaborata all’interno del percorso progettuale sul tema della glocal city, guarda ai nuovi “ventri urbani” – centri commerciali, grande distribuzione, area logistica intermodale, per fare degli esempi – come elementi necessari a soddisfare nascenti bisogni che vanno molto oltre i confini tradizionali della città.
Dal punto di vista dei flussi globali (di merci, di servizi ecc.) che li alimentano, quei “ventri” sono “il luogo della logistica dei flussi”, cioè il luogo dove il globale incontra il locale. Inoltre, il “ventre” è oggi uno dei grandi “segni glocali” che connotano agli occhi di tutti il nuovo paesaggio urbano.
In questa prospettiva, più che di metropoli (intesa come grande città) risulta allora opportuno parlare di “città globale”, intesa come “nodo di reti globali” che si configurano “ a geometrie variabili”, cioè la cui estensione e direzione variano a seconda delle diverse realtà funzionali a cui ci si riferisce. La “città globale” è, in breve, il contesto che determina e condiziona il “ventre” del paesaggio urbano.
Per approfondimenti:
Programma
http://www.paris.fr/portail/accueil/Portal.lut?page_id=95
III Conferenza dei Piemontesi nel mondo
Il 16 e 17 novembre 2007, ad Alessandria, si è tenuta la Terza Conferenza dei Piemontesi nel Mondo organizzata dalla Regione Piemonte -Consiglio e Giunta regionale- insieme alle istituzioni locali.
Sulla scia della II Conferenza, che si era tenuta il 10 e 11 ottobre 2003 a Novara, e del lavoro di riflessione culturale e politica condotto in questi 4 anni, l’appuntamento alessandrino è stato un momento importante di riflessione sul ruolo della rete piemontese nel mondo -un patrimonio di 4.150.000 individui nel mondo tra prima e seconde generazioni, in testa l’America Latina.
Il cuore della Conferenza sono stati i tre seminari tematici su: “Internazionalizzazione”, “Donne e pari opportunità” e “Giovani e mobilità”.
Internazionalizzazione, intesa come patrimonializzazione degli oltre 4 milioni di piemontesi e oriundi piemontesi che nel mondo rappresentano un ‘giacimento’ di piemontesità che attende solo di essere ‘acceso’. Ne deriva che i loci piemontesi nel mondo sono non solo consapevoli ma già attivi nell’operare per farsi filiera facilitante nei processi di internazionalizzazione delle aziende e del territorio piemontese (dal turismo all’attrazione degli investimenti), nei processi che portano le società dei vari Paesi a fare proprio, prima di tutto culturalmente, il Made in Piemonte in tutte le sue forme.
Donne. La Conferenza ha ribadito l’impegno a rafforzare la rete delle donne piemontesi nel mondo, sull’esempio del Foro costituito dalle donne argentine nell’ambito della Federazione delle Associazioni Piemontesi in Argentina (FAPA), per formare lo sviluppo economico coniugato alla solidarietà.
Giovani.Ad Alessandria si sono visti giovani integrati nel tessuto dell’associazionismo, giovani venuti apposta da tutto il mondo per far sentire la loro voglia di recupero e valorizzazione del proprio patrimonio culturale. Giovani cui bisognerà pensare di offrire in futuro maggiori possibilità di esprimere le istanze loro e delle comunità che rappresentano. Citando le parole della presidente Mercedes Bresso “se vogliamo costruire una lobby, una rete di piemontesi nel mondo per il futuro, dobbiamo partire dai giovani e lavorare insieme. E’ importante che questa rete si solidifichi anche nelle comunità di appartenenza nel mondo.”
Mobilità.Un mondo sempre più segnato dalla dimensione della mobilità ha come protagonisti i “nuovi mobili”, come li ha definiti con espressione densa ed efficace Maddalena Tirabassi, Direttrice scientifica del Centro Altreitalie della Fondazione Giovanni Agnelli. Per “nuovi mobili” si intendono i “cervelli in fuga”, manager, professionisti, ma anche le seconde e terze generazioni degli italiani all’estero che nei circuiti della globalizzazione superano le frontiere con grande velocità. Correttamente Maddalena Tirabassi, parlando di giovani e di mobilità, ha posto il problema dell’identità: “In un'epoca di identità deterritorializzate, sempre meno legate a luoghi fisici, uno dei non luoghi in cui l’identità si costruisce oggi è certamente il Web”. L’information and communication technology diviene quindi strumento di costruzione della nuova identità, quella italica, diremmo noi.
In una società in cui le identità collettive sono sempre più il risultato di appartenenze molteplici, l’inserimento dei network delle nostre Regioni nel mondo all’interno di una più vasta rete italica, può costituire uno strumento per rafforzare la valorizzazione della risorsa “nuova emigrazione” a vantaggio tanto delle società di partenza e di destinazione quanto del comune “mondo globale” che le contiene.
Per approfondimenti:
Regione Piemonte
Consiglio Regionale Piemonte
Associazione Piemontesi nel mondo
Segnalazione
“La democrazia trasformata”è il titolo del saggio di Giulio Sapelli, edito da Bruno Mondadori, che verrà presentato a Milano il prossimo 11 dicembre presso la sede della Camera di Commercio di Milano di Palazzo Affari ai Giureconsulti.
Il volume, frutto di una ricerca finanziata dalla stessa Camera di Commercio, sviluppa un’interpretazione originale del mutamento delle forme di rappresentanza sociali e politiche e dello sviluppo delle autonomie funzionali alla luce dei processi di globalizzazione.
La tesi centrale dell’autore è che la globalizzazione ha portato a ridefinire il rapporto stato e mercato e che oggi le rappresentanze funzionali risultano più adeguate di quelle territoriali ad affrontare la crescente complessità decisionale.
In occasione della presentazione del libro, discuteranno questi temi insieme all’autore, il Segretario Generale della Camera di Commercio di Milano Pier Andrea Chevallard, Mauro Magatti dell’Università Cattolica, Ettore Rotelli dell’ISAP di Milano, i consiglieri camerali Luca Squeri e Massimo Ferlini, e il Segretario Generale della Camera del Lavoro di Milano Onorio Rosati.
“La Democrazia Trasformata”
Martedì 11 dicembre, ore 18.30
Palazzo Affari ai Giureconsulti, Sala Terrazzo
Via Mercanti 2, Milano
www.mi.camcom.it
La recensione del mese
"La fine dello Stato" e "Imperialismi" di E. J. Hobsbawm
Due interessanti saggi, in realtà raccolte di testi riadattati e ampliati di conferenze e articoli dello storico inglese Eric Hobsbawm, trattano l’attuale problematica del progressivo tramonto dell’idea di Stato che ha caratterizzato gran parte delle società umane negli ultmi secoli.
Nel consueto stile conciso e chiaro, l’autore, in “La fine dello stato” e “Imperialismi”, propone la sua interpretazione della globalizzazione. In “Imperialismi” pone l’accento sulla fondamentale divergenza fra il piano politico-militare e quello economico-sociale al tempo della globalizzazione dovendo, ancora oggi, far fronte a una totale assenza di un’autorità mondiale in grado di gestire o appianare le controversie internazionali. La globalizzazione è avanzata sotto ogni aspetto (economico, tecnologico, culturale, perfino linguistico) tranne sul piano politico e militare, dove gli Stati sovrani rimangono le uniche autorità effettive. “Ufficialmente esistono circa duecento Stati” scrive Hobsbawm “ma in pratica a contare sono solo un pugno di Paesi, fra i quali gli USA sono di gran lunga il più potente. Tuttavia, nessuno Stato o impero ha mai potuto essere abbastanza grande, ricco o potente da mantenere un’egemonia politica globale, per non parlare di stabilire una supremazia politica e militare sull’intero pianeta”. Hobsbawm postula quindi una fondamentale impossibilità di stabilre un’egemonia unilaterale a livello planetario.
Ne “La fine dello stato”, invece, viene proposta un’originale visione glocal che imputa il tramonto dell’organizzazione statuale a fattori quali l’istruzione, l’informazione, il funzionalismo e il bisogno di riunirsi in comunità identitarie definite. La crisi delle identità nazionali, attuatasi più che altro su un piano culturale, si è prodotta negli Stati-nazione nel momento in cui è stato realizzato l’universale accesso all’istruzione e ai media. Secondo l'autore, le politiche dell’identità collettiva basate sull’esclusione – che siano etniche, religiose o di sesso e stile di vita - sembrano andare verso una degenerazione della Gemeinschaft in una sempre più remota Gesellschaft. Hobsbawm scrive che “il processo che ha trasformato i contadini in cittadini francesi e gli immigrati in cittadini americani si sta invertendo, e viene a sbriciolare le identità più grandi, quelle degli Stati-nazione, in gruppi di identità autoreferenziali più circoscritte, o anche nelle identità private a-nazionali dell’ubi bene ibi patria. E ciò, a sua volta, riflette, non da ultimo, la sempre più debole legittimità dello Stato-nazione agli occhi di coloro che abitano nel suo territorio, e le sempre minori richieste che esso può permettersi di fare ai suoi cittadini”.
In definitiva, si tratta di due piccoli e stimolanti trattati sull’intreccio tra i bisogni e le rivendicazioni locali in un contesto fortemente globalizzato qual è quello odierno.
"Imperialismi", "La fine dello stato", Eric J. Hobsbawm, Rizzoli 2007