Globus et Locus newsletter n.5 2007

Editoriale

Tra politica e sapere

Una delle conseguenze della glocalizzazione è che il rapporto fra scienza, tecnologia, economia e istituzioni sta divenendo sempre meno lineare e sempre più circolare e interdipendente. La scienza e il sapere sono diventati una funzione "internazionale" e trasversale alla realtà di nazioni e stati. Oggi "più potere" vuol dire soprattutto "più sapere", la politica moderna non essendo solo scontro di voleri e di poteri ma anche di saperi.

Come ha ben evidenziato Bruno Latour nel suo saggio From matter of facts to states of affairs, "il laboratorio ha allargato i suoi confini a tutto il pianeta. […] Oggi gli esperimenti sono condotti a scala reale e in tempo reale, come è diventato evidente a tutti con il problema cruciale del riscaldamento globale. […] Oggi siamo tutti coinvolti negli stessi esperimenti collettivi".

Le complessa interazione tra problematiche globali e interessi locali (e viceversa), fa sì che i problemi politici siano sempre più collegati alle modifiche proposte dalla sfera del sapere (bioingegneria, genetica, medicina, nuove tecnologie). Tuttavia, la connessione fra informazione, sapere e potere e le ricadute di questo nuovo intreccio di interessi e problematiche sulla società non è facilmente comunicabile né, per adesso, ben comunicata.

Come viene ben sottolineato da Alberto Abruzzese nell'intervista che segue, gli attori politici non hanno ancora elaborato contenuti nuovi, adeguati sia alle nuove forme di sapere accessibili in tempo reale a livello globale, sia ai linguaggi digitali. In altre parole, la questione non è tanto quella posta da un recente articolo dell'Economist su come Youtube influenzerà l'esito della prossima campagna elettorale USA, ma in che modo gli attori politici saranno in grado di adeguare i loro strumenti di governance alle sfide poste da un mondo sempre più trasversale e interconnesso.

Ciò presuppone che i saperi e i poteri locali riescano ad affrontare e risolvere efficacemente i grandi problemi dell'innovazione posti su scala globale. Sarebbe auspicabile che anche i media si dotassero di una nuova sensibilità glocal attenta all'interazione di potere e sapere su scala sia globale che locale per comunicare efficacemente le trasformazioni in atto.

 

Opinione pubblica e reti digitali

Abbiamo posto alcune domande al prof. Alberto Abruzzese, Pro Rettore dell'Università IULM e massimo esperto delle problematiche legate alla comunicazione e ai new media

 Prof. Abruzzese, recentemente lei ha tenuto un seminario sul rapporto tra i valori della società contemporanea e le innovazioni della comunicazione. Modificate profondamente le categorie di tempo e spazio in cui ci muoviamo, come e chi è responsabile oggi di ciò che fino a ieri chiamavamo "opinione pubblica"?

Per ragionare su quanto e come le reti digitali stiano intervenendo sull’opinione pubblica mi pare che sia necessario ragionare prima su quello che l’opinione pubblica è diventata al punto culminante dei regimi espressivi della globalizzazione.

Per globalizzazione intendiamo in sostanza una sorta di ipermondializzazione che i new media stanno ottenendo usando le loro capacità diffusive per rafforzare invece che decostruire la mondializzazione. Questa, come suo linguaggio ideale e storico, ha avuto la sua specifica piattaforma comunicativa ed espressiva nella stampa (strumento dei governi, dei partiti e movimenti di massa, delle istituzioni, delle classi dirigenti e dei gruppi di potere economico) e nella televisione (strumento della espansione delle forme esperienziali della vita quotidiana nei regimi del benessere).
La glocalizzazione costituisce un clamoroso salto qualitativo rispetto alla natura generalista, collettiva ma accentrata della globalizzazione, configurandosi come un processo di destrutturazione in cui il globale non può fare a meno del locale e il locale del globale. E’ una destrutturazione che risulta il prodotto e insieme la causa della crisi del mondo mondializzato.

Ora, la matrice dell’opinione pubblica sta nel formarsi di classi dirigenti che hanno contribuito alla creazione degli stati nazionali. Quanto più l’opinione pubblica si è spinta nei regimi delle società di massa, tanto più si è andata confondendo con le regole della società dello spettacolo e dei linguaggi audiovisivi: l’opinione pubblica si è formata nell’ambito di comunità alfabetizzate, illuministe e borghesi; l’opinione delle masse si è formata invece nell’ambito di grandi comunità post-romantiche basate sui linguaggi istintivi ed emotivi dell’immagine e del sentire quotidiano. Non a caso i politici inventano l’opinione pubblica attraverso i quotidiani e la televisione. La repubblica dei sapienti (le classi dirigenti che fanno da corte ai partiti, alla burocrazia e alle imprese) assiste a questo conflitto tra stampa e televisione dando addosso alla televisione e alla sua presupposta trivialità. La TV generalista è il territorio in cui, senza più alcun emergervi di senso di responsabilità professionale o imprenditoriale, si agitano tuttavia le passioni della sfera pubblica, come fosse un mare in cui s’agitano piccole e grandi onde di opinioni lasciate a se stesse.
Il personal computer – tecnologia come ogni altra anfibia e che dunque dipende dal contenuto, quindi dal soggetto che lo usa, ma anche tecnologia che consente una negoziazione del suo uso da parte dell’individuo in modo più autonomo, immediato ed efficace che nel passato – si sta inserendo nella società di massa con la possibilità almeno virtuale di scardinarla, o con la possibilità al momento improbabile di ridefinirla.

La nuova configurazione glocale del mondo, che si avvale di un'estesa rete di relazioni e di contatti non necessariamente legati a centri emittenti egemoni, crea l'illusione di un contatto permanente "tutti con tutti". Ma si tratta solo di un'illusione? È più corretto parlare di democrazia dei new media o di loro egemonia?

I new media sono il campo comunicativo (dunque relazionale, attraverso cui si costruisce la realtà sociale, si costruiscono luoghi e territori, l’abitare) in cui le società civili si giocano una glocalizzazione fatta per armare in modo più sofisticato lo zoccolo duro, il cuore di pietra, del mondo mondializzato, oppure per disarticolare e rigenerare un sistema mondo altrimenti condannato a implodere sotto la sua stessa volontà di potenza. Per avviarsi davvero in questa seconda prospettiva tutte le nostre istituzioni pubbliche e private non hanno ancora elaborato i contenuti nuovi con cui usare i linguaggi digitali. Tra i maggiori vuoti di ricerca e formazione ci sono appunto i concetti e i dispositivi di democrazia e di egemonia. I new media sono e saranno l’identità delle etiche, estetiche e politiche che più sapranno servirsene con il linguaggio giusto. I new media potrebbero favorire le persone e i gruppi nel creare comunità virtuali fortemente coese per quanto a distanza, al di là dei confini degli stati e dei loro regimi politici, le quali potrebbero fare insorgere movimenti, scatenare rigurgiti anche sui territori fisici e mediali degli stati nazionali. Ma queste comunità potranno costituire una novità effettiva solo quando abbiano individuato qualcosa di diverso dai contenuti e dalle strategie con cui tanto i regimi autoritari quanto quelli democratici hanno sino ad oggi governato il mondo stando all’arte dell’egemonia.

EuroMediterraneo

Si terrà il 16 Luglio la conferenza annuale del Laboratorio Euromediterraneo organizzata dalla Camera di Commercio di Milano, giunta quest’anno alla 5° edizione.

La conferenza, che si svolgerà a Palazzo Mezzanotte a Milano, radunerà personaggi di spicco dell’economia, della politica e della società dei Paesi del Mediterraneo, tra i quali il Presidente del Consiglio Prodi e il Primo Ministro egiziano Ahmed Nazif.

Il Laboratorio si propone di stimolare il dialogo fra i Paesi coinvolti, creando un’occasione di confronto tra rappresentanti delle istituzioni, del mondo imprenditoriale e della finanza. A tale scopo, oltre all’evento annuale, la Camera di Commercio di Milano ha creato dei punti operativi in diversi paesi della regione, ha dato vita a un Fondo di Private Equity per lo sviluppo di joint venture italo-mediterranee, ha promosso una Scuola di formazione mediterranea e dedicato un progetto per la risoluzione delle controversie presso la Camera Arbitrale di Milano.

www.euro-mediterraneo.com

   

Una birra italica

Gli italici bevono la birra Peroni?Così ci suggerisce in questi giorni la pubblicità della nostra birra bionda. Lo spot proposto è di stampo classico: si gioca la finale dei mondiali di calcio e gli avventori di un bar vengono scambiati per francesi. Ma loro bevono Peroni e si dichiarano:"Italici!

Il fatto che l’italicità sia comprovata dalla scelta di un prodotto tipicamente italiano come la birra Peroni la dice lunga sull’immaginario che l’italicità veicola al giorno d’oggi. Chi consuma i nostri prodotti è un italico, ragiona e sceglie come noi.

Certo, l’immaginario dell’italicità non si limita alla bontà di una birra. La bevanda, in questo caso, è un segnale di ben più complessi e importanti coinvolgimenti con l’universo italico (non dimentichiamo che la Coca Cola, per decenni, ha fatto dei suoi consumatori dei “quasi” americani). Per gli ideatori della pubblicità della birra Peroni l’italicità può costituire quindi quel ponte di gusto che ci rappresenta così bene nel mondo per i nostri prodotti e per la qualità della vita.

Per commenti, vai sul blog "Italicando": www.globusetlocus.org/blog

   

La recensione del mese

"Lo spirito dell’illuminismo", Tzvetan Todorov, Garzanti 2007

Recensire un libro del grande filosofo franco-bulgaro Todorov, oltre che un grande onore, è un’impresa particolare nel senso che poco vi è da aggiungere.  Per comprendere Todorov, pertanto, è necessario solo leggere Todorov. Più che mai questo libro.
Todorov ci racconta, sulla scia degli ultimi suoi libri, "La conquista dell’America", "Memoria del male, tentazione del bene", "Il nuovo disordine mondiale", cosa vuol dire  appartenere alla civiltà occidentale. Lo racconta però a partire dall’Illuminismo, attraverso le sue radici poste nel Rinascimento italico, nella comprensione che da lì sono partiti i principi fondatori della modernità occidentale.

La tensione che pervade tutto il suo scritto sta nella comprensione se tali principi siano universali, se appartengano cioè agli uomini in quanto tali oppure se siano specificità della cultura occidentale. Il suo approccio è dialogante, riflessivo verso le culture diverse ma la sua tentazione è di pensare che i valori emersi nell’Illuminismo siano universalmente validi per tutti gli uomini. La difficoltà sta tuttavia nel sapere leggere tali valori, cioè nel rinnovare la riflessività su di essi nelle attuali condizioni di post-modernità e cosmopolitismo, avviando un nuovo processo di interpretazione delle forze che hanno messo in moto la luce della ragione settecentesca.

E' pertanto necessario saper distinguere tra le forze del male emerse dal mare di una ragione troppo facilmente attribuita di poteri e virtù, come quelle dei sistemi totalitari o qualificanti di atteggiamenti nichilistici, e quelle del bene capaci di determinare processi democratici, di emancipazione e di diffusione del benessere.
Tutto sembra tornare in gioco, le identità si ridefiniscono con regole che cambiano continuamente, e lo stesso Todorov ci dice che anche l’Illuminismo ha da raccontarci molto ancora. E’ una grande risorsa da studiare, se distogliamo lo sguardo dagli orrori di un XX secolo che molti hanno pensato figlio di un Illuminismo distorto. Allora se Dio è morto e le utopie/ideologie sono crollate, ci possiamo chiedere su quali fondamenta intellettuali e morali potrà ricostruirsi la nostra società? 

Lo spirito dell'illuminismo è una nuova guida per orientarci dopo le grandi tragedie del XIX e XX secolo, senza precipitare nell'irrazionalismo identitario e fondamentalista. Da grande storico della cultura, Tzvetan Todorov identifica i cinque termini chiave dell'illuminismo: autonomia, laicità, verità, umanità e universalità, a partire dai quali ricostruisce il progetto del secolo dei lumi, attraverso il continuo confronto tra passato e presente.
E poiché pagine di grande rilievo investono l'Unione europea nell'attuale assetto planetario, valga il messaggio che Todorov  non teme di diffondere: "Senza illuminismo niente Europa; senza Europa niente illuminismo". 

Recensione a cura di Riccardo Giumelli

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