Globus et Locus newsletter n.5/6 2010

Il nuovo regionalismo. Riflessioni per il Nord (e per il Sud)
 

Uno dei temi costantemente al centro dell’attenzione politica, oggi, è la questione Nord/Sud Italia. Il recente libro “La crisi italiana nel mondo globale. Economia e società del nord”, a cura di Paolo Perulli e Angelo Pichierri (Einaudi, 2010), con prefazione di Piero Bassetti, affronta il tema dell’esistenza del Nord come global city region, come sistema di sistemi, e sta suscitando interessanti dibattiti in tutta Italia.

Il primo di questi incontri sul libro si è svolto a Milano il 17 maggio, a Palazzo Giureconsulti, Milano, ed è stato promosso da Globus et Locus e Fondazione Irso. L’evento, moderato dal giornalista del Corriere della Sera Dario di Vico, è stato strutturato come tavola rotonda alla quale hanno partecipato una sessantina di interlocutori appartenenti al mondo istituzionale, accademico, imprenditoriale.

Durante l’intervento di apertura dei lavori, Pier Andrea Chevallard, Segretario Generale della Camera di Commercio di Milano, ha espresso il suo apprezzamento per il volume, che offre una prima provvisoria risposta alla domanda se il Nord sia pensabile come un tutto sufficientemente omogeneo e integrato. Chevallard ha menzionato i segnali che portano all’identificazione del Nord come una unica regione multinodale europea, con connessioni a un ampio complesso di reti europee e mondiali, dicendo che “rappresentare il Nord come un’unitaria regione europea sia di grande aiuto nell’affrontare il tema del ruolo dell’Italia nella crisi mondiale e nell’individuazione di alcune possibili risposte entro il quadro europeo”. Un altro importante merito di questa ricerca, secondo Chevallard, risiede soprattutto nello stimolo a porre il tema del superamento delle differenze tra le “due Italie”, partendo dal presupposto che nell’epoca della grande comunità a rete, l’unità può essere tale anche e soprattutto nelle diversità.

Il libro, come ha spiegato il Prof. Federico Butera, Presidente della Fondazione Irso, scaturisce da una ricerca avviata nel 2009, realizzata grazie al lavoro congiunto di una serie di importanti studiosi e docenti universitari e resa possibile con il sostegno delle regioni Piemonte, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Il lavoro si è strutturato sotto forma di imponente ricerca empirica sul Nord, partendo dall’assunto che il Nord esiste, inteso come global city region. Il lavoro, pur avendo una forte valenza politico-istituzionale ed essendosi svolto in stretto raccordo con i policy maker, si è sviluppato in maniera autonoma. Alla base vi è la convinzione che se il risultato sarà di valore, come si auspica, le ipotesi suggerite saranno accolte da chi è chiamato a governare e si trasformeranno in iniziative concrete.

Secondo il Prof. Gianfranco Viesti, Docente di Economia applicata all’Università di Bari, nel libro vi sono molti spunti meritevoli di un approfondimento a livello scientifico e istituzionale, quali il processo di avvicinamento fra nord ovest e nord est, l’addensarsi delle relazioni fra le persone, i nuovi soggetti che compongono questo sistema, quali public utilities e fondazioni. Tuttavia Viesti ha messo in luce anche alcune criticità dell’area presa in considerazione, fra cui il tasso di crescita della produttività e del prodotto pro capite minore rispetto al passato. Una domanda fondamentale da porre, dunque, è quali scenari si immaginano per il futuro e se esista una politica del Nord che tematizzi una visione di grande regione aperta e integrata.

Secondo Lorenzo Dellai, Presidente della Provincia Autonoma di Trento, l’elemento centrale del libro sta nel porre non la questione settentrionale, bensì la questione “del Nord” inteso come piattaforma socio-economica, plurale e integrata con l’Europa. La “provocazione” contenuta nel libro consiste in un’opportunità di riposizionamento strategico delle grandi aree del Paese, siano esse il Nord, il Centro o il Sud. Si sente il bisogno di una governance nuova e dal libro emergono stimoli di grandissimo interesse anche per gli amministratori e per la politica. Dellai ha concluso con l’esortazione a sviluppare un pensiero politico glocal e a proseguire l'attività di ricerca su questo filone.

Piero Bassetti, Presidente di Globus et Locus, ha sottolineato come nel mondo e in Europa stia emergendo una nuova caratterizzazione del glocal, nella quale tutta la dimensione delle polis e delle comunità si articola verticalmente lungo i flussi e territorialmente lungo logiche di aggregazione che non sono più quelle di tipo inter-nazionale. In questo quadro è importante riconoscere che il Nord esiste come oggetto meritevole di essere problematizzato, soprattutto in rapporto con il Sud. Questa è la sfida alla quale oggi è chiamata l’Italia, anche in una prospettiva europea. Davanti a noi c’è il dibattito per l’unificazione europea, la cui classe dirigente è sfidata a realizzare un nuovo europeismo che faccia spazio alle grandi regioni. 

Al termine degli interventi introduttivi si è sviluppato un interessante e ricco dibattito, ripreso e ampliato durante i successivi incontri di presentazione del libro. Oltre a quello di Milano, altri eventi di presentazione si sono svolti a Palermo e a Roma, mentre i prossimi sono previsti a Bologna Bari.
 

Milano e il Mediterraneo


Globus et Locus ha realizzato una ricerca sulle relazioni fra la Regione Lombardia e l'area Euro-Mediterranea.

Il Mediterraneo è una “frontiera” economica e politica di sfide e di opportunità importante per la pace e lo sviluppo globale, seppure oggi sia attraversato da profonde trasformazioni, come dimostra anche la crisi greca.

Per facilitare la comprensione delle dinamiche in atto nell’area, Globus et Locus ha realizzato, su incarico della Camera di Commercio di Milano e in collaborazione con l’Istituto di Geografia e Scienze Umane dell’Ambiente della Università degli Studi di Milano, una ricerca finalizzata all’elaborazione di un quadro aggiornato degli aspetti significativi della realtà della regione mediterranea e dei rapporti economici e sociali tra l’Italia, con particolare riferimento alla Lombardia, e il resto del Mediterraneo. La ricerca è strutturata in tre parti: un quadro introduttivo alla regione mediterranea allargata e due approfondimenti rispettivamente sulle relazioni culturali e di cooperazione allo sviluppo della Regione Lombardia con i paesi del Mediterraneo.

Questo lavoro si è sviluppato partendo dalla convinzione che, in un mondo che sta abolendo i confini e che è sempre più fatto di rapporti diretti tra globale e locale, l’area padana abbia la potenzialità di proporsi come “piattaforma operativa” – non solo logistica, ma produttiva, commerciale e in senso ampio anche istituzionale, sociale e culturale – dell’Europa, al crocevia dei due assi fondamentali Nord-Sud ed Est-Ovest della nuova Comunità allargata.

Sede privilegiata di discussione e approfondimento di queste tematiche tra Governi e settore privato, per lo sviluppo di politiche concrete finalizzate all’integrazione economica e finanziaria dell’area Euro-Mediterranea, sarà anche quest’anno il “Forum Economico e Finanziario per il Mediterraneo”, organizzato dalla Camera di Commercio di Milano – Promos, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri, Ministero dello Sviluppo Economico e con la Regione Lombardia, che si terrà i prossimi 12 e 13 luglio. L’incontro vedrà come di consueto la partecipazione di Capi di Stato e di Governo, dei principali esponenti dei Governi dei Paesi membri dell’UpM e della Commissione Europea. Attraverso il Forum, insieme alle altre attività promosse dal Laboratorio Euro-Mediterraneo di Promos, Camera di Commercio di Milano si è fatta promotrice in questi anni di importanti iniziative per il rafforzamento del processo di integrazione dell’area mediterranea.

La ricerca di Globus et Locus intende porsi come una “proposta di sistema”, un’analisi di medio termine nella quale, attraverso l’esame dei dati, sia possibile individuare ambiti di azione nel prossimo futuro.

Prefazione di Piero Bassetti

Conclusioni di Flavio Lucchesi
 

Migrazioni e nuove mobilità


Il Centro Altreitalie organizza dal 5 all’9 luglio 2010 una Summer Academy sul tema delle migrazioni nell’era della glocalizzazione.

L’iniziativa sarà finalizzata ad analizzare il fenomeno delle migrazioni alla luce di diversi approcci disciplinari: da quello storico a quello sociologico e antropologico, da quello culturale ed artistico a quello mediatico. Una particolare attenzione sarà dedicata alle diverse tipologie di mobilità, quali le migrazioni interne, le nuove identità glocal, le migrazioni di “ritorno”. L’evento, che fa parte di un programma di iniziative iniziate  nel 2005, ha suscitato in questi anni e continua a suscitare l’interesse della comunità scientifica internazionale, e vedrà anche nell’edizione del 2010 la partecipazione di giovani studiosi provenienti tutto il mondo.
Il progetto si articolerà in 4 giornate, strutturate in attività seminariali e in una serie di eventi collaterali, fra cui la presentazione di libri e video.

All’apertura dei lavori, il 5 luglio, saranno presentati i progetti espositivi previsti per le celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, mentre il 6 luglio sarà dedicato all’analisi e all’approfondimento del concetto di glocalismo. L’obiettivo è quello di analizzare come l’era della glocalizzazione in cui viviamo, caratterizzata dalle innovazioni tecnologiche, abbia prodotto una serie di importanti mutamenti nella vita di tutti noi, il più importante dei quali è rappresentato dalle nuove mobilità e dai nuovi popoli glocali, fra cui gli italici.

Durante la terza giornata si affronteranno i temi legati alla storia del colonialismo italiano e delle migrazioni. Si parlerà anche di postcolonialismo, argomento sul quale la riflessione scientifica italiana si trova ancora in una fase iniziale. L’ultima sessione sarà relativa alle migrazioni interne italiane ed europee a partire dal secondo dopoguerra fino ai nostri giorni. Il fenomeno contemporaneo della “fuga dei cervelli” e dell’esodo dalle regioni meridionali verranno così letti all’interno del contesto europeo e analizzati alla luce dei nuovi paradigmi seguiti alla libera circolazione all’interno dell’area di Schengen e alle forme di mobilità contemporanee.

La Summer Academy, aperta al pubblico, ha l’intento di sviluppare una riflessione sui temi delle migrazioni e delle nuove mobilità, rivolgendosi soprattutto ai giovani, i cittadini di domani, che saranno chiamati a rappresentare una comunità sempre più glocal e pluriidentitaria.

Programma
 

L'italiano degli altri


Le evoluzioni dell'italiano nell'era glocal, secondo l'Accademia della Crusca. 

All'edizione 2010 della "Piazza delle Lingue", iniziativa promossa dall'Accademia della Crusca e svoltasi dal 27 al 31 maggio, hanno partecipato interlocutori del mondo della cultura (come Fabio Caon professore dell’Università Ca’ Foscari e Silvia Morgana, Presidente Associazione per la Storia della Lingua italiana), del giornalismo (fra cui Beppe Severgnini, Antoio Caprarica, Carmen Lasorella) e dello spettacolo. Era presente anche Globus et Locus, il cui presidente Bassetti è stato chiamato a presiedere la tavola rotonda su “Italia all’estero. Presenze linguistiche e culturali”. Dall’incontro di quest’anno sono emersi con evidenza alcuni importanti segnali di cambiamento, nel modo di concepire la funzione della lingua, lungo una direzione sulla quale Globus et Locus sta lavorando da diverso tempo, e cioè quella dell’italicità. Filo rosso del convegno era infatti l’italiano degli altri inteso non più solo come la lingua di chi vive fuori d’Italia e parla italiano perché è italiano o perché è di origine italiana, ma anche di coloro che entrano in contatto con la nostra lingua per passione, studio, esperienze di vita, adesione al sistema di valori italico.

Se fino a prima dell’avvento dell’era della glocalizzazione, il tema sarebbe stato chiaro e immediatamente comprensibile, oggi il concetto di “Italia all’estero” è diventato più complesso, perché viviamo in società sempre più interconnesse e caratterizzate da nuovi fenomeni di mobilità dei popoli. Un cambiamento di prospettiva molto importante e inevitabile nell’era glocal in cui viviamo.

Nelle varie sessioni del convegno si è parlato, con approcci diversi, delle evoluzioni del linguaggio e di come esso si modifichi attraverso canali determinati dalle pluri-appartenenze, secondo le linee tracciate dai grandi teorici della post-modernità glocal (Bauman, Beck, Castells), e soprattutto dal premio nobel Amartya Sen.
Su questo tema è poi tornato Piero Bassetti, che nel suo intervento ha sottolineato come la lingua, per i nuovi cittadini del mondo glocal, non sia più la struttura portante per la definizione delle identità - come invece accadeva nel contesto statual-nazionale - ma piuttosto uno strumento di comunicazione e di incorporazione di valori, significati, pratiche. L’italicità, in quanto pluridentitaria e glocale, diventa quindi anche plurilinguista.

Altro tema centrale è stato l’analisi del rapporto tra lingua e linguaggio. E’ emerso che oggi la tendenza è sempre di più quella di comunicare attraverso diverse forme espressive, con una molteplicità dei linguaggi che non sempre vedono la lingua in senso proprio come il principale strumento per comunicare. Su questo punto si è riflettuto durante la tavola rotonda della comunità radiotelevisiva italofona, perché anche gli operatori dei media sentono l’esigenza di ideare nuove modalità di comunicazione adatte ai popoli dell’era glocal.
Le problematiche legate alla lingua e al suo uso divengono quindi sempre più “mobili” e in evoluzione e avranno un’importanza enorme all’interno di un mondo che dovrà reinventare i suoi schemi di organizzazione e di funzionamento.

Programma
 

Intervista a Corina Casanova


Quale futuro per la lingua italiana e la cultura italica in Svizzera?

Sergio Roic ha parlato di questo tema con Corina Casanova, Cancelliera della Confederazione.

La rinnovata importanza del plurilinguismo in Svizzera è stata sottolineata da una nuova legge.Lei ritiene che questa legge sulle lingue, che fra le altre cose difende anche l’uso dell’italiano, riuscirà a invertire la tendenza per cui l’italiano, nella Svizzera germanofona a francofona, è sempre meno dichiarato prima lingua anche da parte di chi lo parla correntemente? L’italiano rappresenterà davvero l’idea di una Svizzera di lingua e cultura italiana, anche al di fuori del Canton Ticino e del Grigioni italiano?

La legge sulle lingue, la convenzione e adesso l’ordinanza, si adopera per la promozione delle lingue nazionali in Svizzera (tedesco, francese, italiano e retoromancio) e per un loro fruttuoso e intenso scambio all’interno del Paese. Si è già cominciato a lavorare nelle scuole in questa direzione. Penso che questa legge e l’ordinanza conseguente sottolineino il giusto valore di una lingua come l’italiano in Svizzera e per la Svizzera. D’altra parte, la legge darà un forte impulso all’italiano all’interno dell’Amministrazione federale, un ambito molto importante per la Confederazione Elvetica. In ogni caso, tutta la Svizzera ne beneficerà dal punto di vista culturale e della comunicazione. Naturalmente, non basta una legge perché ciò si verifichi immediatamente, bisogna aspettare, avere un po’ di pazienza e seguire l’evolversi delle cose.   

Nel mondo si va affermando una rete, una coscienza italica. Stanno nascendo dei veri e propri “nodi globali” di promozione e di contatto fra italofoni e italofili, soprattutto fuori dall’Italia. Uno di questi potrebbe essere in futuro la città di Lugano, si pensi al Polo culturale luganese. Infatti, il Polo culturale di Lugano si definisce “portale italico della cultura” e quindi vettore di scambio Nord-Sud della cultura di origini italiane. Quanta sensibilità per la cultura italica c’è a Berna oggi?

L’italiano e la cultura di origini italiane sono sempre stati importanti a Berna. Con l’approvazione della nuova legge sulle lingue diventano ancora più importanti. A Berna siamo coscienti dell’importanza della cultura italiana, e anche del movimento che sostiene questo sviluppo. Il valore dell’italiano e della cultura che lo permea è enorme e collega la Svizzera a un’identità di origine italiana, lei la chiama italica, di cui siamo coscienti. D’altro canto, da un punto di vista pratico che è però anche umano, è senz’altro importante che nei gremi e nelle istituzioni ci sia una rappresentanza congrua di italofoni, perché ne abbiamo parecchi qui in Svizzera, che apportino la loro sensibilità e la loro cultura all’ambito confederale svizzero.
 

A Camaldoli i nuovi cittadini glocal


Un seminario sulla valorizzazione delle diversità e la promozione della cultura dell’inclusione.

Dal 3 al 13 giugno si è svolto nel monastero di Camaldoli, vicino ad Arezzo, un corso di formazione rivolto a giovani talenti e professionisti immigrati. Il progetto, promosso dalla Fondazione Ethnoland, scaturisce dall’intento di analizzare il fenomeno dell’immigrazione in Italia, nella convinzione che la dimensione multiculturale rappresenti una leva competitiva che può e deve arricchire il sistema Paese.

L’obiettivo degli incontri, a cui ha preso parte anche Globus et Locus con un contributo sul tema dell’italicità nell’ambito dell’approfondimento su “Politica e società”, era dunque quello di offrire ai nuovi “mobili” che giungono nel nostro paese l’opportunità di condividere un percorso formativo capace di stimolare in ognuno di loro quel che di originale e di innovativo ha in sé.

Piero Bassetti, durante il suo intervento-lezione, ha sottolineato come il concetto di migrazione, o immigrazione che dir si voglia, sia in via di superamento, per lasciare il posto alla nuova concezione della mobilità. Comprendere appieno il contributo che i nuovi “mobili” possono apportare, per vivere in società sempre più ricche di stimoli e interconnesse, è una sfida quantomai attuale.
 

La recensione del mese


La struttura delle rivoluzioni economiche, di Sergio Ortino (Cacucci Editore, 2010).

La grande sfida contemporanea è di proporre nuovi paradigmi, ombrelli di senso che configurano e identificano l’attività umana. Si tratta di un'impresa affascinante ma al tempo stesso faticosa e non priva di rischi. L’errore nel quale si può cadere con maggiore facilità è quello di risultare banali, semplificando, oppure di ripetere, senza saperlo, idee già dette e scritte. Non è quest’ultimo il caso de “La struttura delle rivoluzioni economiche", titolo del nuovo libro di Sergio Ortino, professore ordinario di diritto dell’economia presso l'Università di Firenze e in passato, tra le altre attività, Direttore dell'area di ricerca Minoranze e Autonomie dell'EURAC.  
Ortino non solo propone una riflessione epistemologica sul paradigma che già governerebbe e sempre più lo farà la contemporaneità nella sua essenza post-moderna, ma punta lo sguardo su quegli elementi, nella loro continuità, che avrebbero caratterizzato la formazione di ogni paradigma dell’esistenza umana. In altre parole, riconoscendo a priori il dinamismo culturale umano, la tensione verso il cambiamento dell’agire umano, l’autore prova a scorgere quelle strutture, le fondamenta, le essenze di ogni trasformazione sociale, e il loro riavvicendarsi e ripresentarsi ad ogni insorgenza di un nuovo paradigma.

E’ per questo che ritengo che si tratti di un vero e proprio trattato sull’identità umana, sulla sua complessità, intesa come una riflessione sulla conoscenza in senso lato, che si muove agilmente negli interstizi del mutamento (la rivoluzione) e della strutturazione dell’attività dell’essere umano.
Il titolo del libro prende spunto dal testo di Thomas Kuhn “La stuttura delle rivoluzioni scientifiche”, ma nel caso che qui discutiamo l’autore si spinge fino “a scorgere uno stretto collegamento tra le modalità con cui si esplica una data serie di tecnologie in un dato momento e in un determinato luogo e il sostrato materiale e spirituale delle società che su quelle tecnologie si fondano. Questo collegamento si manifesta in occasione di rivoluzioni economiche di portata epocale, allorché si modificano radicalmente non soltanto le tecnologie con cui l’umanità acquisisce e produce i propri beni di sostentamento, ma anche i valori sociali e le norme di comportamento, individuali e collettive”. Ciò significa che ogni rivoluzione economica produce una nuova struttura di riferimento, che si presenta come uno specifico paradigma, in grado di durare fin quando non ce ne sarà uno nuovo che spazzerà via quello precedente.
Provando a definire le continuità delle caratteristiche di tali strutture, Ortino individua cinque paradigmi “in corrispondenza delle cinque strutture espresse dalle rispettive rivoluzioni economiche”, che sono: esplorazione, appropriazione, discendenza, omogeneità e connessione. A questi paradigmi corrispondono straordinarie trasformazioni del comportamento umano: l’ominide si erge su due gambe e diventa raccoglitore e cacciatore, successivamente diviene agricoltore e pastore, poi da vita all’istituzione monarchica e alla discendenza, poi inventa e impianta lo Stato-nazione ed infine nell’oggi si caratterizza del concetto di rete, sociale ed informatica, di quello di comunicazione e del glocalismo, che nasce dalla frammentazione degli ideali post-westfaliani.
Tutto questo, qui sintetizzato a fatica, viene discusso ed argomentato in ben più di 700 pagine dense ed intense, dove convergono le più varie discipline scientifiche: economia, diritto, antropologia, psicologia, sociologia, partendo però dalla scienza del diritto economico, come presupposto per ricercare i fattori economici che sono all’origine delle norme giuridiche. 
Questo ricco e corposo testo cerca, allora, di mettere le cose a posto, riconoscendo la consapevolezza che molto dovrà essere ancora fatto e spiegato. E’ non è deviante provare a trovare delle risposte anche a quelle domande che più richiamano all’attualità, poste, ad esempio da un punto di vista glocale, dalla crisi economica e della finanza mondiale, dalle conseguenze di vulcani che eruttano senza tregua o da pozzi petroliferi guasti che non permettono il blocco delle fuoriuscite di greggio.
Per concludere, si ritiene importante concentrare l’attenzione sulla consapevolezza che l’autore pone nella definizione del passaggio che stiamo vivendo dal paradigma dell’omogeneità, che ha caratterizzato tutta l’attività dello Stato-nazione, a quello che oggi caratterizza i processi della globalizzazione/glocalizzazione.

Recensione a cura di Riccardo Giumelli

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