Riflessioni su un nuovo regionalismo
A che punto è il nuovo regionalismo, in Italia? Il bel libro La crisi italiana nel mondo globale. Economia e società del Nord, di Perulli-Pichierri, recentemente pubblicato da Einaudi, tratta in modo esaustivo delle peculiarità, delle prospettive e della “sostanza” del Nord in un quadro europeo regionalista e connota in modo efficace l’”esistenza” di un Nord fittamente interconnesso e organico.
Il tema centrale del libro è il seguente: il Nord esiste come tale. Più che di una questione settentrionale riferita solo all’unità italiana, occorrerebbe dunque parlare di una questione del Nord Italia riferita alla costruenda unità europea.
Poiché la tesi che il Nord abbia più rapporti col resto d’Europa che col resto d’Italia è comprovata dai fatti, il quadro di riferimento di un paradigma inter-regionale piuttosto che nazionale in grado di caratterizzare la nuova Europa può essere proprio quello macroregionale.
Un quadro di questo genere, nuovo, è il frutto di una fortissima mobilità in crescita esponenziale negli ultimi decenni della storia umana – mobilità di persone, cose e segni, oltre che di idee.
Un mondo mobile e fittamente interconnesso da flussi in entrata e in uscita, caratteristici di realtà urbane e meta-urbane come quelle del Nord Italia (e non solo), non permette, pena un rapido declino, il rinserramento su questioni e visioni meramente locali o localistiche che dir si voglia.
Per aprirsi e interagire col mondo, presupposto sine qua non del funzionamento di una società complessa delle reti, il Nord Italia, fortemente sviluppato e in stretta relazione con la dimensione globale per mezzo di reti e flussi, deve interrogarsi concretamente sul suo presente e sul suo futuro. Le valenze politiche prodottesi a seguito delle recenti votazioni regionali italiane impegnano a confrontarsi con una forte volontà popolare strettamente legata e identificata col territorio di appartenenza.
Queste valenze e gli attori che le interpretano non devono, però, dimenticare che un efficace regionalismo, oggi, si esprime all’interno di sistemi di riferimento più vasti, come quello europeo, piuttosto che di quelli nazionali o solo locali. Anche il tema delle unità nazionali andrà riproposto in quella sede.
Una posizione politica che libri come quello in questione, tra l’altro, argomentano e che potrà essere la vera base di un nuovo discorso sul ruolo delle nazioni.
Presentazione del Libro
Un’occasione per riflettere concretamente sul tema del Nord sarà offerta dall’incontro di presentazione del libro,La crisi italiana nel mondo globale. Economia e società del Nordche si terrà il prossimo 17 maggio, alle ore 16.00, presso la Sala Terrazzo di Palazzo Giureconsulti, Piazza Mercanti 2.
L’incontro, promosso da Globus et Locus e Fondazione IRSO, sarà strutturato come Tavola Rotonda, alla quale saranno chiamati a prendere parte interlocutori selezionati.
Saranno presenti, oltre agli autori: Pier Andrea Chevallard, Segretario Generale della Camera di Commercio di Milano; Federico Butera, Presidente Fondazione Irso; Arnaldo Bagnasco, Docente di Sociologia all’Università di Torino; Gianfranco Viesti, Docente di Economia Applicata all’Università di Bari; Lorenzo Dellai, Presidente della Provincia Autonoma di Trento; Piero Bassetti, Presidente di Globus et Locus.
Per partecipare è necessario confermare la presenza.
programma_presentazione libro 17 maggio 2010
"Italic Lessons". Un decalogo per l’italicità
Nell’ultimo saggio-intervista di Piero Bassetti e Niccolò d’Aquino, "Italic Lessons/Lezioni Italiche", (Bordighera Press, New York, 2010) si pone la questione degli italicità nel mondo. Nel mese di aprile il libro è stato presentato a Torino, New Yorke Philadelphia.
L’era della globalizzazione ha generato trasformazioni epocali e non reversibili, prima fra tutte quella tecnologica, che ha portato ognuno di noi a vivere a tempo e spazio zero.
In un mondo sempre più interconnesso, sono nate nuove mobilità e nuovi popoli glocali, che percepiscono nella rete, più che nei confini nazionali, lo spazio ideale per condividere linguaggi, modi di vivere e valori comuni. Nella visione di Globus et Locus, saranno proprio le comunità in grado di aggregarsi secondo questi nuovi parametri ed essere protagoniste del mondo del Terzo Millennio.
Gli italici, in particolare sono un’aggregazione transnazionale, unita da valori consolidati in secoli di civiltà italica, che inizia a prendere coscienza di sé e a comunicare, alla quale andrebbe offerta ora l’opportunità di trovare il modo (o i modi) di aggregarsi in rete.
“L’Italico è un “post-italiano” spiega Bassetti, “un cittadino del mondo che si riconosce in un’idea nuova di identità. Un’identità che, già fondata su appartenenze regionali e funzionali più che nazionali, sfocia nell’apertura all’incontro tra la cultura e un rinnovato interesse per caratteri regionali ed etnici".
Italic Lessons, è un lavoro, non a caso, ideato e realizzato in America, terra di quegli americo-italiani che sono un punto di riferimento essenziale per la creazione e lo sviluppo del glocalismo italico. Edito da Anthony Tamburri, Dean del Calandra Institute, City University NY, il libro di Bassetti-d’Aquino è stato paragonato dallo stesso Tamburri a Lezioni Americane(Six Memos for the Next Millennium) di Italo Calvino, il quale presentava a un gruppo di studenti di Harvard sei proposte per il millennio successivo, che aveva formulato nel 1985.
“Queste Italic Lessons di Bassetti, dieci in tutto” spiega Tamburri, “sono il risultato di altrettante conversazioni proposte, ancora una volta, ai lettori americani. I lettori sono quelli del quotidiano America Oggi, il Quotidiano degli Italiani in Nord America.”
Lezioni, dunque, non per “insegnare” ma per far scattare la prima scintilla di un processo relativo a qualcosa (l’italicità) che di fatto esistegià ma che deve ancora accadere.
Eventi di presentazione del libro
Il libro Italic Lessons/Lezioni Italiche, è stato presentato durante diversi incontri, in Italia e negli Stati Uniti.
13 aprile - Centro Altreitalie, Torino
L’incontro di Torino ha rappresentato un’importante occasione per condividere alcune riflessioni sullo sviluppo e il significato, oggi, del concetto di italicità, partendo dallo spunto offerto dal libro, come ha evidenziato nel suo intervento introduttivo, Maddalena Tirabassi direttrice del Centro Altreitalie e moderatrice del dibattito. La dott.ssa Tirabassi ha sottolineato come l’incontro offrisse l’opportunità per dar vita a un significativo confronto fra le esperienze maturate dal Centro, dal Calandra Institute e da Globus et Locus; esperienze diverse fra loro ma accomunate dall’interesse condiviso verso il più ampio tema oggi riletto attraverso il concetto di italicità.
All’incontro era presente Piero Gastaldo, Segretario Generale della Compagnia di San Paolo, che ha tenuto un interessante intervento sulla genesi e il senso del Progetto Altreitalie, nato all’interno della Fondazione Agnelli molti anni fa, come iniziativa finalizzata allo studio delle migrazioni italiane, in un’ottica che allora era legata alla dimensione identitaria nazionale. Con il tempo, il progetto si è arricchito di nuove considerazioni e di una lettura più problematica, favorita anche dalle riflessioni di Amartya Sen sul concetto di identità multiple.
L’esigenza di una nuova sintesi concettuale in grado di comprendere un sistema di relazioni culturali e sociali sempre più variegato, ha richiesto la creazione di nuove categorie intellettuali e terminologiche. L’affacciarsi del concetto di italicità elaborato da Globus et Locus ha contribuito a rispondere a questo bisogno, e la collaborazione nata di recente con il Centro Altreitalie si conferma quale coronamento della fase avviata dal progetto della Fondazione Agnelli.
Piero Gastaldo ha concluso il suo intervento esprimendo fiducia nei progetti culturali sviluppati dal Centro Altreitalie e da Globus et Locus, con l’augurio che dalla collaborazione possa nascere un reciproco arricchimento, all’interno della tematica dell’italicità.
Successivamente ha preso la parola Anthony Tamburri, Dean del Calandra Institute ed editore del libro. Il Prof. Tamburri ha approfondito l’importante questione della terminologia, nella convinzione che il linguaggio sia uno strumento essenziale per trasmettere il senso della propria identità e per capire come si viene percepiti dagli altri. Dunque, non solo “cogito ergo sum” ma anche “loquor ergo sum”. Il termine italici, secondo Tamburri, promette molto, perché pone sullo stesso piano i diversi rappresentanti di quella variegata comunità legata all’italian way of life che per molti anni, partendo dall’esperienza degli emigranti storici, ha avuto difficoltà a creare un dialogo con gli elementi costitutivi della propria cultura di origine. Lo stesso Tamburri, come esempio della difficoltà ancora attuale nel dare una definizione alle identità multiple, ha segnalato che, mentre quando è in Italia è percepito come “americano”, negli Stati Uniti è e si sente un “italiano”. O meglio, un italiano-americano. L’incontro di Torino quindi, secondo lui, è estremamente importante e in un certo senso è un avvenimento “storico”, perché fornisce un significativo contributo nella direzione della comprensione del concetto di italicità.
Dopo Tamburri ha preso la parola Piero Bassetti, il
quale, in primis, ricollegandosi al contributo interessante di Piero Gastaldo, lo ha ringraziato per aver favorito l’unione fra le due tradizioni di lavoro, quella del Centro Altreitalie e quella di Globus et Locus, e per il prezioso sostegno fornito dalla Compagnia di San Paolo negli anni, consentendo il coronamento di un filone che altrimenti sarebbe rimasto privo degli elementi essenziali per il suo sviluppo.
Nel riprendere la tematica della terminologia, emersa con evidenza nel dibattito, il Presidente di Globus et Locus ha evidenziato come la logica messa in atto nell’utilizzare espressioni quali “italiani”, “europei”, “americani”, sia di fatto statuale. Dal Trattato di Varsavia in avanti, infatti, a fornire una definizione dell’identità è stato il contenitore statuale. Questa visione oggi va modificata alla luce del suo impatto con il contesto glocale. Viviamo in un mondo che non è più organizzato inter-nazionalmente ma che è glocale. In questo contesto, ciò che è global si collega con ciò che è local, la dimensione comunitaria è globale e la dimensione del locale si inserisce nel globale direttamente, senza la mediazione degli stati nazionali. Il contenitore, dunque, non è più la cittadinanza, ma la cultura, in senso sociologico e antropologico.
Lo sforzo che bisogna fare è quindi cercare di capire come l’identità di ciascuno di noi, chiamato a vivere in un mondo glocale, si servirà delle definizioni culturali che sono valse secoli. Piero Bassetti ha ricordato come, a prova di questo discorso, sia molto importante il lavoro di ricerca svolto dal Centro Altreitalie sulle donne piemontesi di quarta generazione in Argentina, dal quale emerge che queste ultime, interrogate sulla loro identità, si riconoscono piemontesi e argentine prima che italiane.
In questa premessa si inserisce anche il tema della lingua, che si disarticola dalla sua funzione definitoria dell’identità. Noi, appartenenti alla civilizzazione italica, dobbiamo dare il nome alla nostra appartenenza nel mondo, che troviamo definita culturalmente e non nazionalmente. A questo scopo, l’espediente semantico proposto dal termine italico è solo l’inizio. Italic Lessonsin questo discorso rappresenta un tentativo (anzi dieci, tanti quante sono le Lezioni) di vedere come la tematica del definirsi italico si incrocia con altrettanti categorie organizzatrici della propria identità.
All’incontro era presente anche Niccolò d’Aquino, giornalista e coautore del libro, il quale ha fornito un interessante contributo di analisi, partendo dal modo con cui ha rielaborato le complesse tematiche trattate dal libro, per renderle più divulgative. d’Aquino, collaborando da molti anni con Globus et Locus, ha potuto osservare da un punto di vista privilegiato l’evoluzione del concetto di italicità. Inoltre, in qualità di italico egli stesso, ha sperimentato in prima persona come sia cambiata la percezione del termine “italico”, che inizia ad avere una certa diffusione solo adesso, mentre fino a pochi anni fa generava sospetto o non veniva compreso. Lo stesso valeva per il tema della “diaspora”. Parlare di diaspora italica significava affrontare un argomento difficile e doloroso. La situazione oggi è in rapida evoluzione e, se ancora si fa fatica a farsi pienamente comprendere quando si parla di italicità al di fuori di certi ambienti, la convinzione di d’Aquino è che prima o poi le cose cambieranno. Nel momento in cui il termine italico sarà usato correntemente, e altri se ne approprieranno, significherà che l’idea dell’italicità si sarà davvero radicata nel mondo.
Al termine dell’incontro, si è sviluppato un articolato dibattito, durante il quale molti degli spunti offerti dagli interventi si sono tradotti in fertili osservazioni e nuovi stimoli per proseguire l’analisi sul tema dell’italicità.
Anche i due successivi incontri organizzati negli Stati Uniti sono stati estremamente interessanti e hanno registrato un’ampia e qualificata presenza di pubblico.
20 aprile, New York- Calandra Institute della City University of NY
Interventi: Piero Bassetti (messaggio video), Francesco Maria Talò (Console Italiano a New York), Niccolò D'Aquino (giornalista di America Oggi), Anthony J. Tamburri, Peter Carravetta (docente di Studi Italiani e Italoamericani alla Stony Brook University), Mario Mignone (Director del Center for Italian Studies), Gianpaolo Pioli (giornalista), Stefano Vaccara (America Oggi), Letizia Airos (Executive Editor i-Italy).
Messaggio video di Piero Bassetti
Messaggio video di Anthony Tamburri
21 aprile, Philadelphia- University of Pennsylvania
Interventi: Antonio Merlo (docente di Economia, Direttore del Penn Institute for Economic Research), Piero Bassetti (messaggio video), Niccolò d’Aquino, Fabio Finotti (docente di Italian Studies alla University of Pennsylvania), Maddalena Tirabassi (Direttrice Centro Altreitalie).
http://ccat.sas.upenn.edu/italians/events/index.html
Italic Lessons, 21 April
"Innovazione e business collaboration nell’era della globalizzazione"
Il libro di Roberto Panzarani, psicologo delle organizzazioni, ed esperto di business innovation, è un utile compendio delle attualissime tendenze collaborative scaturite da un riposizionamento del capitalismo.
Nel suo ultimo libro, Citando James Surowiecki, l’autore di un altro
interessante saggio, “La saggezza della folla”, Panzarani propone una visione secondo la quale oggi la cooperazione fra individui rappresenta una straordinaria opportunità per favorire lo sviluppo e la conoscenza: “Il potere non risiede mai completamente in un centro” dice Panzarani. “Molte decisioni importanti vengono prese da singoli individui sulla base delle loro conoscenze private e specifiche, non da un unico pianificatore onnisciente e lungimirante. Inoltre, in questo modo aumenta sia la gamma sia la diversità delle opinioni e delle informazioni di cui dispone il sistema”.
Il cambio di paradigma si è avuto a partire dalla completa affermazione di strumenti di comunicazione globali come la rete Internet, la quale ha contribuito ad affermare la necessità di operare secondo un’ottica di “business collaboration”, all’interno di una rete di contatti, scambi e opportunità reciproche sempre più vasta.
Una teoria, quella di Panzarani, anticipata da pensatori quali il “filosofo della collaborazione”, John Dewey, vissuto negli Stati Uniti a cavallo del diciannovesimo e del ventesimo secolo, che profetizzò che “il progresso di una società non dovrebbe misurarsi sulla base dell’incremento del prodotto lordo, come vuole l’economia politica, ma in termini di organizzazione sociale”.
Precursore della “società della mente” e in qualche modo anche del solidarismo cognitivo, Dewey arrivò a teorizzare il linguaggio come massima espressione della condivisione umana e come un’autentica “palestra” di allenamento del pensiero condiviso. Alla base di questo modo di pensare sta il “dono” che si fa del proprio pensiero a colui con cui si entra in relazione, e quindi l’importanza della perpetuazione di un pensare condiviso.
La sistematica messa in comune di pensieri fra persone, specie se diverse e distanti fra loro, è diventata realtà a partire dall’uso comune di moderni sistemi di comunicazione.
Oggi, il mondo evoluto è caratterizzato da numerosissime “comunità di pratica” al cui interno uomini e donne che hanno in comune un interesse specifico (per l’arte contemporanea, la biologia marina, la tecnologia avionica, eccetera) si incontrano e si scambiano opinioni e conoscenze.
In definitiva, quindi, Panzarani pone nella capacità di fare sistema, quindi, la vera opportunità per superare parzialmente o completamente uno dei dogmi del nostro tempo, quello che pretende che nella competitività esasperata risieda ogni progresso delle società umane.
Roberto Panzarani: Innovazione e business collaboration nell’era della globalizzazione(Palinsesto, Roma 2009)
Recensione a cura di Sergio Roic
Rassegna Stampa