L’interessante saggio di Giulio Sapelli, “Elogio della piccola impresa”, ruota attorno alla tesi, sostenuta dall’autore e che è in qualche modo anche un novum nella riflessione sull’impresa, che la piccola e la microimpresa italiana abbia una fisionomia pre-economica, sociale e antropologica che la caratterizza.
Se ne deduce, e l’autore è efficace nel sostenerlo, che la piccola impresa italiana, oltre a stimolare la mobilità ascendente delle classi meno agiate, sia anche un potente collante sociale.
Ma quali sono il carattere e la forma della piccola e microimpresa italiana? Innanzitutto, si tratta di imprese a conduzione familiare, a dimostrazione dell’esistenza di un’unità di intenti e di propositi non proponibile su grande scala. In secondo luogo, le piccole imprese, secondo Sapelli, non hanno la necessità di crescere per quel che riguarda il numero delle persone coinvolte, ma sono semmai chiamate a confrontarsi con le nuove e globali sfide dell’economia mondiale in crisi e devono, quindi, saper diversificare e, in qualche modo, “raggiungere” i mercati che si offrono alla loro produzione.
Sapelli spezza una lancia a favore della piccola e microimpresa italiana in quanto fattore di sviluppo, stabilità e interazione sociale. Egli, infatti, afferma che “se si guarda quanto minori siano gli andamenti percentuali (e i valori assoluti) riferiti alle grandi imprese, ben si comprenderà come si sia trattato di una vera e propria crescita di forze ‘dal basso’. E tale crescita altro non poteva essere che un processo di mobilitazione sociale verticale di grande ampiezza”.
Nonostante la grave crisi economica globale che sembra mettere in forte crisi un grande numero di forze produttive, il modello sociale-familiare incarnato dalla piccola e microimpresa italiana offre, secondo Sapelli, speranze reali per un rilancio e una nuova fase del capitalismo produttivo di rilevanza sociale.
Considerata da un’ottica glocal, l’analisi di Sapelli, puntuale, innovativa, ricca di dati anche grazie al valore aggiunto delle testimonianze dirette degli imprenditori, ci permette di affermare che proprio nell’ambito della piccola e microimpresa l’incontro fra la dimensione globale e quella locale - ancora non pienamente avvenuto - andrà articolato secondo le forme e caratteristiche tipiche di luoghi di produzione e dei “luoghi dell’anima” di chi questa produzione la attua.
Recensione a cura di Sergio Roic