La riflessione sulle banche popolari come attori fondamentali del mondo glocal, avviata con il precedente numero della nostra Newsletter, prosegue con un’intervista al dott. Giovanni De Censi, Presidente del Consiglio del Credito Valtellinese e Presidente dell'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane, nonchè Vice-Presidente della Confederazione Internazionale delle Banche Popolari (CIBP), di cui è stato alla Presidenza dal 1997 al 2000.
Nell’intervista si affronta in particolare il ruolo della tecnologia informatica nei servizi finanziari delle banche popolari, data l’importanza che nelle sue esperienze professionali il dott. De Censi ha sempre riconosciuto ad essa per una migliore gestione dell’attività bancaria e tenuto conto del fatto che il prossimo Congresso della CIBP a Rio de Janeiro sarà centrato su questo tema.
Quali potenzialità hanno offerto e continuano a offrire i progressi nell'info-telematica alle banche popolari, date le loro caratteristiche dimensionali (piccole-medie) e i principi che ispirano la loro strategia operativa (mutualità e prossimità dell'attività di credito e promozione dello sviluppo economico e sociale della comunità territoriale in cui sono radicate)?
L’importanza dell’informatizzazione, che peraltro è divenuta una scelta obbligata per la sopravvivenza stessa delle imprese, risiede, per le banche a vocazione locale, nella possibilità di meglio perseguire la finalità statutaria di prossimità al cliente, nella misura in cui ha consentito ad esse di adeguarsi alla globalizzazione senza per questo perdere il contatto con i propri territori. L’eliminazione poi delle distanze fisiche ha consentito alle banche medio piccole di interagire costantemente con una clientela sempre più geograficamente mobile.
Io credo tuttavia che lo sviluppo delle applicazioni infotelematiche, nelle banche come nelle altre imprese, debba essere coniugato con una filosofia di fondo che ponga l’ICT come strumento di servizio alla persona.
Da quanto emerge dalla Sua precedente risposta, il rapporto fra le banche e l'info-telematica è centrale. Essendo quest'ultima prevalentemente funzionale al global, in che modo le banche popolari hanno agito affinchè essa potesse essere messa al servizio di un potenziale 'localizzante'?
Sicuramente per il comparto delle popolari, l’avvento delle nuove tecnologie ha avuto un impatto peculiare perchè ha comportato il passaggio da un'economia localizzata (quella ad esse connaturale) ad un'economia globalizzata caratterizzata da una nuova dimensione spaziale (con l’annullamento delle distanze) e temporale (con una netta riduzione dei tempi operativi). Questo cambiamento ha condotto ad un adeguamento della dimensione delle sue aziende e della struttura del capitale. Tuttavia, la maggiore sfida è quella, sempre attuale, di riuscire ad integrare i progressi in campo informatico e tecnologico nel proprio modello di business. Ciò significa che i cambiamenti non devono sostituire la relazione personale e di prossimità, che è un valore fondamentale per le banche cooperative, anche se ha dei costi. L'obiettivo non è quello di chiudere gli uffici per creare banche digitali, ma di offrire il meglio di entrambi i sistemi.
La finanza è per sua natura una funzione a-territoriale ma è al contempo uno dei motori principali (insieme ai flussi di mobilità delle persone, delle cose e dei valori) attraverso la cui attivazione si giocano le sorti dei singoli territori nel quadro della competizione planetaria. Come la finanza può essere ricondotta alla dimensione 'local'?
Deve essere ripristinata la funzione originaria dell'istituto bancario che è quella di sviluppare attività di intermediazione finanziaria. La banca popolare ha in questo ambito un vantaggio intrinseco dato dalla sua natura giuridica (governance democratica e partecipativa) e dalle finalità mutualistiche dell'attività di credito. Rispetto a quest'ultimo carattere, deve, inoltre, essere sempre tenuta in mente l'esistenza di una funzione bidirezionale tra finanza ed economia reale: il malfunzionamento dell'una pregiudica il funzionamento dell'altra.
Quali sono i punti di forza dell'Istituto Centrale delle Banche Popolari (di cui Lei è Presidente) rispetto ai cambiamenti imposti dalla glocalizzazione? Ritiene che possa essere un modello auspicabile ed anche applicabile in altre aree del mondo, in particolare quelle di economie in via di sviluppo?
Lo scorso giugno ho vissuto con molta emozione la celebrazione del 75^ dell’ICBPI, la cui storia si è sviluppata in parallelo con l’innovazione tecnologica e l’evoluzione dei mercati. Così come sono cambiate le banche popolari, che costituiscono il tradizionale target di riferimento (ancorchè oggi non l’unico) dell’Istituto, così anche quest’ultimo si è rinnovato per continuare a dare risposte effettive e tempestive alle nuove esigenze dei clienti e degli utenti finali dei suoi servizi. La formula della banca di secondo livello, ha dimostrato nel tempo di essere vincente in quanto consente di fornire ai soci ed ai clienti servizi sempre al passo con i tempi che, se affrontati singolarmente, richiederebbero un ingente investimento in termini di risorse e di tempo. Non ho dubbi che tale modello sia esportabile ed applicabile in altre aree del mondo e a maggior ragione nelle economie in via di sviluppo dove, anzi, lo schema della solidarietà collettiva è già radicata.
La Confederazione Internazionale delle Banche Popolari (CIBP), di cui Lei è stato Presidente tra il 1997 e il 2000 e ora ne è Vice-Presidente, promuove la collaborazione e il coordinamento a livello internazionale delle banche popolari. Quali sono le principali sfide che oggi si trova ad affrontare la CIBP rispetto al fenomeno del glocalismo?
Questa domanda mi consente di richiamare quanto dicevo in risposta alla precedente.
La CIBP infatti ha quale scopo quello di promuovere la diffusione delle best practices tra le banche cooperative nel mondo e favorirne l’internazionalizzazione in coerenza con i principi propri del credito popolare. E, dunque, un esempio virtuoso come quello dell’Istituto Centrale Italiano, che peraltro è uno dei soci fondatori della Confederazione, attraverso gli scambi promossi dalla CIBP, diventa replicabile. In un contesto di glocalizzazione, la CIBP deve affrontare la sfida di salvaguardare le specificità socio-culturali delle banche cooperative dei singoli Paesi evitando una impropria omogeneizzazione del modello, in quanto la declinazione dei valori cooperativi deve rimanere aderente alla realtà dove essi si sono formati ed operano. Al tempo stesso CIBP deve veicolare nel mondo un messaggio forte che induca anche altri soggetti economici ad intraprendere scelte di solidarietà e sussidiarietà in un’ottica di ricerca del bene comune.
Intervista di Ilaria Pasotti, collaboratrice di ricerca presso il CRANEC, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano.