In un mondo sempre più interconnesso, la soggettività individuale e collettiva, a lungo legata al concetto di territorio, non è più rapportabile alla dimensione territoriale. La glocalizzazione ha generato una fortissima mobilità di persone, idee e merci e ha modificato profondamente l’idea di cittadinanza e di appartenenza. Oggi, assume crescente importanza il valore e il vantaggio della relazione.
Dalle diverse forme di mobilità e dalla caduta del concetto di confine, sono nati nuovi “popoli glocali”, gruppi di persone che si aggregano in rete e che hanno cominciato a immaginare e sentire le cose in comune, avendo per la prima volta l’opportunità di conoscere e di scegliere possibilità esistenziali e modelli di vita differenti e praticati da altri e altrove. Non più popoli nazionali, ma nuovi popoli glocali, risultato di appartenenze plurime. Sono quelle che sono state definite da Arjun Appadurai comunità “di sentimento”, la cui identità non è tanto o soltanto etnica, linguistica o politico-istituzionale, quanto piuttosto culturale e valoriale, e al tempo stesso comunità “di pratica” o “di funzione”, aggregazioni che si sono costituite appunto intorno all’esercizio di pratiche comuni.
Sempre di più, noi crediamo, questi “popoli” glocal si stanno organizzando secondo logiche di civilizzazione, intendendo con questo termine aggregazioni antropologico-culturali che, mantenendo salda la propria identità, sono in grado di diffondere – con una più o meno marcata capacità di successo, a seconda delle condizioni – aspetti di una cultura anche nelle altre.
Le riflessioni di Globus et Locus sui popoli glocal si ricollegano al pensiero dei grandi teorici della post-modernità glocal (Z. Bauman, U. Beck, M. Castells) e approdano alle elaborazioni sull’identità del Premio Nobel Amartya Sen che nel suo libro Identità e violenza, propone di riconoscere che le identità nel mondo globalizzato sono plurime e che oggi chiunque può essere arricchito da una serie di pluriappartenenze, a condizione che le accetti come proprie.
“Italici di tutto il mondo, uniamoci!”
Il Progetto Italici si colloca nell'ambito del lavoro di Globus et Locus sui nuovi popoli e sulle grandi comunità globali nati nell'epoca della glocalizzazione, che sempre di più, secondo noi, si stanno organizzando per civilizzazioni.
Gli italici non sono tanto i cittadini italiani in Italia e fuori d’Italia, ma anche e soprattutto i discendenti degli italiani, gli italofoni e gli italofili: una comunità globale stimata attorno ai 250 milioni di persone nel mondo, alle quali la globalizzazione conferisce significati e potenzialità nuove e sono ora chiamati a dare un senso alla loro aggregazione.